LE COMMISSIONI CONSILIARI
Di Arturo Bianco
La istituzione di commissioni consiliari non è prevista come obbligatoria dalla normativa: il testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali rimette tale possibilità allo statuto e, sulla base delle sue indicazioni, ai regolamenti di ogni amministrazione. E’, dunque, questa la prima scelta che ogni amministrazione deve effettuare. Nella gran parte degli enti locali le commissioni consiliari risultano essere istituite. E’ questa una scelta che vuole determinare un maggiore e più attivo coinvolgimento dei consiglieri nelle scelte che le amministrazioni devono effettuare, in particolare in quelle che appartengono alla competenza del consiglio comunale.
La stessa normativa attuale non configura le commissioni come uno degli organi politici, anche se –a parere di chi scrive- si può arrivare a tale conclusione una volta che le commissioni siano state istituite dallo statuto, visto che in tal caso la norma di legge e le disposizioni statutarie e regolamentari attribuiscono loro poteri e competenze specifici.
Le commissioni possono inoltre essere solamente consiliari, essere cioè articolazioni del consiglio in cui siedono unicamente consiglieri dell’ente, ma possono anche essere allargate a soggetti che non sono consiglieri dell’ente. Talvolta ciò è previsto direttamente dalla normativa, ma talvolta e per oggetti specifici questa possibilità può essere oggetto di una normazione autonoma da parte dell’ente.
LA DISCIPLINA LEGISLATIVA
La materia è disciplinata in primo luogo dall’articolo 38, comma 6, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, cioè del DLgs n. 267/2000, che così recita testualmente: “quando lo statuto lo preveda, il consiglio si avvale di commissioni costituite nel proprio seno con criterio proporzionale. Il regolamento determina i poteri delle commissioni e ne disciplina l’organizzazione e le forme di pubblicità dei lavori”.
Sulla base del dato legislativo viene rimessa alla autonomia delle singole amministrazioni non solo la possibilità di istituire le commissioni consiliari, ma anche la ampiezza delle loro attribuzioni e le regole di funzionamento. Per cui, la scelta di avere commissioni consiliari dotate di poteri consultivi non costituisce un vincolo legislativo, ma una scelta. Infatti il dato legislativo consente di avere anche commissioni dotate di poteri redigenti, cioè di esame del merito delle proposte, lasciando alla assemblea unicamente il potere di approvazione o rigetto. Qualche dubbio vi è invece sulla possibilità di avere commissioni dotate del potere di approvazione diretto, quello che in sede parlamentare è definito come potere legislativo, vista la attuale formulazione del testo per ciò che riguarda i poteri del consiglio.
La norma prescrive unicamente la necessità del rispetto del requisito della proporzionalità nella composizione delle commissioni: esse devono cioè rispecchiare i rapporti di forza esistenti tra i gruppi nella assemblea elettiva. Anche in questo caso le modalità attraverso cui rispettare questo vincolo sono rimesse alla autonomia delle singole amministrazioni, autonomia che deve essere esercitata nello statuto e/o nel regolamento sul funzionamento del consiglio comunale. Ricordiamo che tale principio può essere rispettato stabilendo che la composizione sia proporzionale ovvero attribuendo ad ogni componente la commissione un peso differente, che è proporzionato a quello dei gruppi consiliari.
LE REGOLE DI FUNZIONAMENTO
Le regole di funzionamento delle commissioni, a partire dalla disciplina della pubblicità, sono fissata nel regolamento sul funzionamento del consiglio. Pertanto possiamo avere legittimamente realtà in cui un consigliere può fare parte di una sola commissione e realtà in cui ogni consigliere può fare parte di più di una commissione consiliare. Ed ancora possiamo avere la possibilità dei consiglieri supplenti, cioè di quelli che sono chiamati a sostituire gli assenti, ovvero tale facoltà può essere rimessa ai capigruppo consiliari ovvero anche ai singoli consiglieri che possono direttamente indicare chi li sostituirà in caso di assenza.
La nomina dei presidenti delle commissioni, salvo quello che vedremo successivamente per specifiche commissioni, è disciplinata dal regolamento sul funzionamento del consiglio. Anche in questo caso le possibilità di scelta sono assai numerose e variegate. Ovviamente, anche la eventuale indicazione del o dei vicepresidenti o il meccanismo di sostituzione del presidente assente deve essere disciplinato dal regolamento di funzionamento del consiglio. Si ricorda che né l’incarico di presidente di commissione, né ovviamente quello di vicepresidente danno diritto alla erogazione di un compenso aggiuntivo e neppure danno diritto al riconoscimento di uno specifico status quanto ai poteri ed alle prerogative.
La disposizione di legge rimette direttamente ed espressamente ai regolamenti la scelta sulla pubblicità delle sedute e, ovviamente, sul modo attraverso cui eventualmente realizzarla in concreto.
Altro tema rimesso alla autonomia delle singole amministrazioni è la disciplina dei rapporti tra le commissioni ed il consiglio e quella, strettamente connessa, dei poteri delle commissioni. Quindi, ogni singolo ente è chiamato a decidere autonomamente la possibilità di prevedere il vincolo che nessuna decisione può essere portata all’esame del consiglio se preventivamente non è vagliata dalla competente commissione ovvero se tale scelta può essere bypassata nel caso di mancato pronunciamento della commissione entro un tempo prefissato e/o nei casi di urgenza. Ed ancora se le commissioni possono o meno acquisire altri elementi, ad esempio con l’audizione diretta.
I singoli regolamenti possono prevedere una autonomia più o meno ampia della commissione per ciò che riguarda la dotazione finanziaria e le dotazioni organizzative, in particolare per ciò che riguarda la sede, le dotazioni di strumenti e le attribuzioni di personale.
Altro tema rimesso alla autonomia dei singoli regolamenti è la possibilità di avere, accanto alle commissioni permanenti, anche commissioni speciali, commissioni cioè che esauriscono la loro attività in un arco di tempo limitato. Queste commissioni possono avere una natura di commissioni di controllo e/o di indagine (ed in questo caso il legislatore detta una specifica disciplina che vedremo subito dopo) ovvero altra natura. Ad esempio concentrare in una unica sede l’esame di tutte le proposte di deliberazione su un stesso tema, che potrebbero invece essere esaminate da commissioni diverse sulla base del riparto di carattere generale delle competenze.
LE COMMISSIONI DI INDAGINE E DI CONTROLLO
Il testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali detta una disciplina specifica per le commissioni di indagine e di controllo. Infatti l’articolo 44, comma 1, testualmente dispone: “Lo statuto prevede le forme di garanzia e di partecipazione delle minoranze attribuendo alle opposizioni la presidenza delle commissioni consiliari aventi funzioni di controllo o di garanzia, ove costituite”. Tale possibilità è estesa dal comma 2 alla istituzione di commissioni di indagine sulla attività della amministrazione, che possono essere istituite dai singoli enti.
Siamo ancora una volta dinanzi ad una opportunità e non ad un vincolo. Le singole amministrazioni possono o meno costituire queste commissioni, nel caso in cui le istituiscano devono però necessariamente attribuirne la presidenza ad un consigliere di minoranza.
I singoli regolamenti sono perciò chiamati a dettare una specifica disciplina. Essa deve, in primo luogo, prevedere o meno la possibilità di dare corso alla loro istituzione. Essi sono inoltre chiamati a definire quali siano queste commissioni. In altri termini, nulla impedisce che siano qualificate come tali una o tutte le commissioni consiliari permanenti. E parimenti nulla impedisce che siano qualificate come tali solo delle specifiche commissioni che hanno una natura speciale ed una durata limitata nel tempo.
I singoli regolamenti detteranno inoltre le forme di nomina del presidente, posta la necessità di rispettare la riserva legislativa in favore delle minoranze. Facciamo due esempi che possono determinare esiti completamente diversi. Se la nomina spetta alla intera commissione, possiamo avere il risultato che il presidente può essere scelto dalla maggioranza, purchè tra i consiglieri di minoranza. Se invece si prevede che la scelta è effettuata con una votazione a cui partecipino solo i consiglieri di minoranza, è evidente che questo esito non è possibile. Ricordiamo inoltre che la nozione legislativa di cosa si debba intendere per maggioranza e minoranza è inesistente, per cui i suoi ambiti di applicazione concreta sono assai incerti ed indefiniti.