LA LEGGE DI CONVERSIONE DEL DECRETO 101 SUL LAVORO NELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
Di Arturo Bianco
Forte stimolo alla stabilizzazione dei lavoratori precari, rafforzamento dell’obbligo di utilizzazione delle graduatorie esistenti e limitazione del ricorso alle assunzioni flessibili, oltre al rilancio dei vincoli per il contenimento della spesa per le automobili e per la consulenza, nonché lo stimolo alla effettuazione delle assunzioni obbligatorie. Si devono inoltre sottolineare le le misure di razionalizzazione previste nelle dichiarazioni di esubero, ivi compresi i chiarimenti sull’applicazione nella PA della riforma delle pensioni cd Fornero. Possono essere così sintetizzate le principali scelte contenute nel DL 31 agosto 2013 n. 101 “Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle Pubbliche Amministrazioni” per come convertito dalla legge n. 125/2013. La legge di conversione ha apportato significative ed importanti variazioni, basta ricordare lo stralcio delle disposizioni sulla mobilità tra le aziende pubbliche, il recupero dei compiti della Civit ed il potenziamento delle disposizioni sulle stabilizzazioni, ma non ha stravolto il carattere e le scelte fondamentali del provvedimento.
In premessa si deve sottolineare che, a differenza di quanto avvenuto con il primo governo Prodi (ministro Franco Bassanini) e con l’ultimo governo Berlusconi (ministro Renato Brunetta), il provvedimento non è caratterizzato dalla presenza di una volontà di introduzione di radicali riforme. Siamo piuttosto nell’ambito di una attività di “razionalizzazione”, come dice lo stesso titolo, e di “manutenzione” dell’esistente. Questo giudizio è fatto proprio dallo stesso ministro della Funzione Pubblica, Giampiero D’Alia nella presentazione della legge di conversione. Si badi bene che in questo modo non si vuole esprimere un giudizio critico sul decreto, in considerazione del fatto che il numero assai elevato di leggi adottate negli ultimi anni ha di per sé creato una condizione di difficoltà ed il mettere ordine nelle stesse è attività quanto mai importante. Nel merito non si può mancare di sottolineare che appaiono discutibili le scelte sulla stabilizzazione e sulla utilizzazione delle graduatorie esistenti sia per gli effetti di depauperamento qualitativo che rischiano di produrre, sia perché costituiscono di fatto una sorta di pietra tombale per l’accesso di giovani nella nostra Pubblica Amministrazione, anche se si capiscono le ragioni che le ispirano. E, sempre in materia di stabilizzazioni, non si può non sottolineare che difficilmente queste disposizioni riusciranno a ridurre in misura assai elevata il numero dei lavoratori precari delle PA, in quanto la inclusione (per molti aspetti inevitabile) delle stabilizzazione tra le assunzioni e la conseguente applicazione dei tetti alle assunzioni potrà consentirne una utilizzazione assai limitata: a parere di chi scrive intorno a 5.000/7.000 unità nel comparto regioni ed enti locali.
LE SANZIONI
Una scelta che costituisce un tratto caratterizzante del provvedimento è costituito dal rafforzamento delle sanzioni in caso di inosservanza dei dettati legislativi. Tale rafforzamento opera per la violazione dei vincoli sia alla riduzione della spesa per le autovetture, sia al contenimento degli oneri per la consulenza, sia alla mancata applicazione dei nuovi principi in materia di assunzioni flessibili. In tutti questi casi viene in primo luogo stabilito che gli atti adottati dalle PA che violano il dettato legislativo sono nulli. Ricordiamo che siamo in presenza della sanzione più dura prevista dal nostro ordinamento e che essa è imprescrittibile e può essere rilevata anche d’ufficio. Il che vuol dire che questi atti saranno permanentemente a rischio di invalidità e non potranno mai essere sanati.
Inoltre si stabilisce per le violazioni alle disposizioni sulle consulenze e le autovetture che in capo ai dirigenti, ovvero negli enti che ne sono sprovvisti ai titolari di posizione organizzativa, responsabili della violazione sia irrogata da parte delle singole amministrazioni una sanzione assai dura, visto che si va da 1000 a 5000 euro. La norma che dispone l’applicazione di tale sanzione è immediatamente operativa, si applica cioè anche senza il recepimento da parte degli enti e senza l’adozione di specifiche disposizioni regolamentari e/o procedurali. Inoltre il legislatore stabilisce che maturino la responsabilità amministrativa e/o contabile, cioè l’eventuale giudizio dinanzi alla Corte dei Conti. Tali sanzioni si applicano anche in caso di mancata trasmissione (si deve ritenere al Dipartimento della Funzione Pubblica) dei dati disaggregati sulla spesa per le consulenze
Per quanto si riferisce alle violazioni delle disposizioni sulle assunzioni flessibili, si dispone la maturazione di responsabilità dirigenziale, prevedendosi financo il divieto di erogazione della indennità di risultato; il che spiega le disposizioni che assegnano agli organismi di valutazione un compito di verifica del rispetto dei vincoli legislativi dettati per le assunzioni flessibili. La violazione di queste disposizioni è causa della eventuale maturazione di responsabilità amministrativa.
A rafforzamento della “forza” delle disposizioni e della necessità della loro effettiva applicazione, si chiarisce che sia la Ragioneria Generale dello Stato, sia il Dipartimento della Funzione Pubblica possono disporre ispezioni presso le singole PA per verificare l’effettivo rispetto dei vincoli dettati alle consulenze ed alle autovetture: norma che non fa altro che rafforzare previsioni legislative già esistenti ed applicate. E che tali ispezioni debbano essere effettuate con cadenza almeno annuale.
I VINCOLI ALLE AUTO ED ALLE CONSULENZE
Le limitazioni all’uso delle autovetture ed al conferimento degli incarichi di consulenza sono contenute nell’articolo 1. Occorre subito sottolineare che le nuove disposizioni si applicano a tutte le PA, ivi comprese le regioni e gli enti locali. E ciò sia per la formulazione utilizzata dal legislatore, sia per la indicazione esplicitamente contenuta nell’ultimo comma che siamo in presenza di disposizioni che, nel contempo, sono di attuazione di principi costituzionali e di coordinamento della finanza pubblica.
Si dispone l’allungamento a tutto il 2015 (in precedenza il termine doveva scadere alla fine del 2014) del divieto per le PA di acquistare autovetture. Rimangono in vita le esenzioni previste dalla normativa, in primo luogo per la vigilanza, ma anche per le autovetture utilizzate per lo svolgimento delle attività relative ai servizi sociali e, sulla base delle nuove regole, delle autovetture utilizzate dalla protezione civile. Nel caso di acquisto di autovetture per queste attività la disposizione introduce il vincolo delle auto a ridotto impatto ambientale.
Precisiamo che il divieto non si estende agli automezzi diversi dalle autovetture.
Viene inoltre chiarito che il tetto alla spesa per l’esercizio delle autovetture esclude le cifre che sono servite al loro acquisto. In tal modo, si obbligano le PA a dare corso ad una effettiva riduzione del numero di automobili, scelta che non tiene conto della condizione dei piccoli comuni e che appare come indifferenziata, non tiene cioè conto della situazione di partenza. Nella spesa per l’esercizio sono compresi anche il noleggio (ricordiamo che il leasing si deve considerare compreso nel divieto di acquisto) ed i buoni taxi, oltre ovviamente ai boli auto, assicurazioni, carburante, manutenzione etc
Tutte le PA, ivi compresi gli enti locali, sono obbligati a partecipare al censimento delle autovetture della Funzione Pubblica: le inadempienze sono sanzionate, oltre che per i dirigenti, anche in capo agli enti: taglio ulteriore delle spese per questa finalità. Infatti le amministrazioni inadempienti non potranno spendere più del 50% della spesa sostenuta a questo titolo nell’anno 2013.
Da sottolineare che le nuove disposizioni impongono di fatto agli enti locali di rivedere attentamente i bilanci in modo da potere avere le differenziazioni richieste dal legislatore, come le spese per le autovetture e quelle per gli altri veicoli, le spese sostenute per l’acquisto etc.
Per le amministrazioni dello Stato sono previste specifiche norme attuative.
Per le consulenze e gli studi (ambito che si deve considerare esteso anche alla ricerca) è prevista la riduzione nel 2014 del 20% del tetto per la spesa che a questo titolo poteva essere sostenuta nel 2013 e nel 2015 del 25% del tetto alla spesa che a questo titolo può essere sostenuta nel 2014, quindi con una progressiva riduzione. Il tetto della spesa del 2013 ricordiamo è pari al 20% della spesa sostenuta allo stesso titolo nell’anno 2009, sulla base della specifica disposizione contenuta nel DL n. 78/2010, che ha finora portato ad una diminuzione di questa spesa e del numero di incarichi, ma in misura ridotta rispetto al vincolo dettato dal legislatore. Ricordiamo che, sulla base delle indicazioni dettate dalla Corte Costituzionale, gli enti locali e le regioni possono superare tale tetto a condizione che complessivamente garantiscano il rispetto dei tetti di spesa previsti dall’articolo 7 del citato DL n. 78/2010 (tagli alla formazione, alla pubblicità, alla rappresentanza, alle missioni etc). Si deve ritenere che questa indicazioni continui ad essere applicabile.
Una novità assai rilevante è al riguardo costituita dalla non applicazione di tale tetto agli “incarichi di studio e consulenza connessi ai processi di privatizzazione e alla regolamentazione del settore finanziario”. Tale formulazione conduce come effetto operativo che la spesa per questi incarichi sia da considerare complessivamente al di fuori dai vincoli di riduzione degli oneri per studi, ricerche e consulenze. Occorre ricordare che comunque i vincoli alla limitazione di questa spesa operano nei confronti degli incarichi conferiti a persone fisiche; per quelli conferiti a persone giuridiche l’applicazione della disposizione non è affatto scontata ed automatica.
La legge di conversione ha stabilito l’obbligo per tutte le PA di trasmettere entro la fine dell’anno i dati relativi “alla spesa disaggregata sostenuta per studi e incarichi di consulenza, inclusa quella relativa a studi e incarichi di consulenza conferiti a pubblici dipendenti, nonché per gli incarichi e i contratti a tempo determinato”. Occorre chiarire sia il destinatario, che si può ritenere essere la Funzione Pubblica, ma anche il contenuto di tali informazioni, con necessità di chiarimento su cosa si debba intendere per “gli incarichi e i contratti a tempo determinato”. Ed ancora la esatta nozione di “spesa disaggregata”. Il mancato rispetto di questo vincolo determina, in capo al responsabile del procedimento inadempiente, la maturazione delle sanzioni previste in caso di violazione dei vincoli alle consulenze, cioè multa da 1.000 a 5.000 euro, nonché maturazione di responsabilità amministrativa, disciplinare e dirigenziale. Il Ministro della Funzione Pubblica è impegnato a presentare al Parlamento entro il 31 marzo una relazione su tali dati, dal che se ne dovrebbe trarre la conclusione che queste informazioni dovranno probabilmente essere trasmesse con cadenza annuale.
Il decreto impone a tutte le PA, in coerenza con i bilanci, di istituire capitoli di spesa per gli incarichi di studio e consulenza, fatti salvi i capitoli istituiti per gli incarichi previsti da norme di legge e regolamentari nell’ambito del piano dei conti integrato previsto dal DLgs n. 91/2011 sull’armonizzazione dei sistemi contabili.
Infine si stabilisce che, almeno una volta l’anno, i servizi ispettivi della Ragioneria Generale dello Stato e del Dipartimento della Funzione Pubblica dispongano specifiche “visite” per verificare il rispetto dei vincoli finanziari, con eventuale denuncia alla Corte dei Conti delle inadempienze.
LA RAZIONALIZZAZIONE DELLE STRUTTURE BUROCRATICHE
L’articolo 2 del DL n. 101/2013 opera alcune correzioni, adattamenti e slittamenti di termini alle scelte compiute nel DL n. 95/2012 (cd spending review) in materia di razionalizzazione delle strutture burocratiche delle PA, con conseguente diminuzione degli organici e messa in disponibilità del personale eccedente. Non siamo in presenza di stravolgimenti della normativa, ma di alcune correzioni che il più delle volte sono ispirate dalla volontà di rendere concretamente effettivo il dettato legislativo. Si consideri che fino ad oggi esso non ha sostanzialmente prodotto i pur assai contenuti effetti di diminuzione dei dipendenti pubblici in servizio voluti dal legislatore. Basta ricordare che il processo non ha avuto fin qui inizio negli enti locali in quanto non è stato emanato il DPCM che deve fotografare il rapporto medio tra dipendenti e popolazione, superando di almeno il 40% il quale le PA e le società controllate sono obbligate a mettere in disponibilità una parte del proprio personale.
Le novità dettate dal DL 101 sono dirette per una parte alle amministrazioni statali (e non sono commentate in questo documento) e per una parte sono dirette a tutte le pubbliche amministrazioni, ivi compresi gli enti locali (e sono commentate in questa parte del documento).
Viene chiarito dal comma 3 dell’articolo 2 che il divieto di effettuare nuove assunzioni negli enti che hanno dichiarato l’esistenza di personale in esubero riguarda non tutti i dipendenti, ma solamente i profili per i quali è stato previsto l’esistenza di personale in sovrannumero. Il che vuol dire che le amministrazioni hanno margini di autonomia nella individuazione delle figure professionali che non sono giudicate come necessarie. Occorre evidenziare che questi posti devono essere cancellati dalla dotazione organica dell’ente.
In caso di presenza di personale in sovrannumero i soggetti che per primi devono essere collocati in disponibilità sono coloro che avrebbero maturato i requisiti per essere collocati in quiescenza prima della riforma Fornero non più entro la fine del 2014, ma entro la fine del 2015. In questo senso vanno le disposizioni dettate dal comma
Il provvedimento sposta inoltre al 30 settembre 2013 il termine, fissato dal DL n. 95/2012 per la fine dello scorso mese di dicembre, entro cui le amministrazioni devono mettere a punto il programma dei pensionamenti che si realizzeranno nel triennio, così da tenerne conto ai fini della definizione del numero dei dipendenti da collocare in disponibilità.
Inoltre, viene allungato a 3 anni (rispetto ai 2 previsti dalla cd spending review) il termine per la individuazione dei soprannumeri non riassorbibili. Ed ancora viene spostato alla fine del 2013 (e non più allo scorso giugno) il termine per la dichiarazione di esubero del personale eccedente. Viene inoltre spostato per le amministrazioni statali alla fine del 2013 il termine fissato dall’articolo 2 comma 10 ter del DL 95/2012 alla fine del 2012 per l’adozione dei nuovi regolamenti di organizzazione.
Un utile, ma per alcuni aspetti non strettamente necessario chiarimento, è quello per cui si stabilisce che sia le cessazioni per mobilità, come previsto dalla normativa in vigore e come riproposto dallo stesso DL, sia quelle per collocamento in disponibilità ai sensi del DL n. 95/2012, non entrano nel calcolo del tetto di spesa per le nuove assunzioni e determinano quindi un risultato di riduzione della spesa per il personale e del numero dei dipendenti in servizio.
Si chiarisce che il divieto di conteggiare le eccedenze tra le cessazioni e il vincolo a collocare per primi in disponibilità i dipendenti che avrebbero maturato, prima della riforma del dicembre 2011, i requisiti per il collocamento in quiescenza entro la fine del 2015, si applicano a tutte le PA, ivi compresi quindi anche gli enti locali.
I commi 4 e 5, siamo sempre all’articolo 2 del DL n. 101/2013, contengono 2 chiarimenti assai importanti sugli effetti nel pubblico impiego della citata riforma pensionistica di cui al DL n. 201/2011:
- “il conseguimento da parte di un lavoratore dipendente delle pubbliche amministrazioni di un qualsiasi diritto a pensione entro il 31 dicembre 2011 comporta obbligatoriamente l’applicazione del regime di accesso e delle decorrenze previgente”. Per cui questi lavoratori sono da considerare esenti da tutti gli effetti voluti dal citato provvedimento;
- “per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni il limite ordinamentale, previsto dai singoli settori di appartenenza per il collocamento a riposo d’ufficio e vigente alla data di entrata in vigore del decreto-legge stesso, non è modificato dall’elevazione dei requisiti anagrafici previsti per la pensione di vecchiaia e costituisce il limite non superabile, se non per il trattenimento in servizio o per consentire all’interessato di conseguire la prima decorrenza utile della pensione ove essa non sia immediata, al raggiungimento del quale l’amministrazione deve far cessare il rapporto di lavoro o di impiego se il lavoratore ha conseguito, a qualsiasi titolo, i requisiti per il diritto a pensione”. Siamo in questo caso dinanzi alla esclusione degli effetti di innalzamento della età pensionistica, per cui i precedenti requisiti continuano ad applicarsi, ovviamente con le eccezioni del trattenimento in servizio e della “finestra” per l’effettivo collocamento in quiescenza.
Tali disposizioni, come spiegato dal Dipartimento della Funzione Pubblica, ripristinano il contenuto della circolare dello stesso Dipartimento 2/2012 che il Tar del Lazio aveva invece annullato.
Un altrettanto utile chiarimento, anche se forse non strettamente necessario, è costituito dalla indicazione che si applicano le regole sulla risoluzione unilaterale in caso di compimento del collocamento in esubero, con tutti gli effetti che ne conseguono, a partire dalla applicazione del preavviso.
Vediamo adesso due indicazioni per le amministrazioni statali. Quelle che hanno già tagliato la propria dotazione organica hanno il termine del 2013 per approvare i nuovi regolamenti di organizzazione e, in caso di mancato rispetto, non possono dallo 1.1.2014 effettuare assunzioni di personale. Vengono chiariti in modo molto analitico gli effetti che si determinano sugli incarichi dirigenziali in essere, ivi compresi su quelli costituiti a tempo determinato.
Si stabilisce per le province che siano fatti salvi fino al 30 giugno 2014, salvo deroga motivata, gli incarichi dirigenziali conferiti a tempo determinato. L’applicazione di queste disposizioni è subordinata al rispetto del patto di stabilità e dei vincoli alle assunzioni contenute. Viene inoltre stabilito in questo ambito che si debba comunque tenere conto sia del fabbisogno sia della esigenza di garantire la erogazione dei servizi essenziali. Il legislatore chiarisce che non siamo in presenza di nuovi incarichi, ma della “prosecuzione” di quelli in essere; il che determina l’effetto che non si entra nell’ambito dei vincoli alle assunzioni ed alle assunzioni flessibili. Viene consentita anche la proroga dei comandi di dipendenti delle province ad altre pubbliche amministrazioni, sempre nelle more del completamento delle procedure di revisione delle province.
Per le amministrazioni statali viene rafforzata la possibilità di assegnazione di tali incarichi a personale non dipendente dallo stesso ente, purchè dipendente da altra PA e collocato in aspettativa nella stessa. Viene fissato un tetto massimo per questo personale.
Si stabilisce che le assunzioni a tempo determinato dei dirigenti possono essere effettuate esclusivamente nei confronti di soggetti che sono in possesso del titolo di studio della laurea specialistica o magistrale o del vecchio ordinamento. Quindi sono esclusi coloro che sono in possesso della laurea cd breve.
Assai importante, anche se non si capisce la collocazione, è la sottoposizione dallo 1.1.2014 di tutte le PA all’articolo 60 del DLgs n. 165/2001, che detta misure di controllo che vengono operate in materia di spesa e gestione del personale. Ed ancora, sempre a decorrere dall’inizio del prossimo anno, le società partecipate, gli enti pubblici economici e le aziende che erogano servizi di pubblica utilità, dovranno comunicare alla Funzione Pubblica, sulla base di modelli dallo stesso predisposti, i dati di spesa sul personale, così da consentire una adeguata conoscenza a livello nazionale di queste cifre, sia in modo analitico che complessivo. Ricordiamo che il legislatore ha nel frattempo previsto che anche alle società controllate dalle amministrazioni pubbliche si applichi il vincolo della risposta al conto annuale del personale.
L’articolo si completa con specifiche previsioni per il Ministero dei beni culturali e per l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA).
LA MOBILITA’ NELLE LE SOCIETA’ CONTROLLATE
Le disposizioni dettate dall’articolo 3 in materia di dipendenti nelle società controllate da PA e di introduzione per essi di forme di razionalizzazione e di collocamento del personale in eccedenza, di fatto norme che ripropongono quanto previsto dal DLgs n. 165/2001 in materia di eccedenze più che di mobilità, sono state stralciate dalla legge di conversione. Nel testo definitivo sono rimasti gli stimoli alla mobilità verso il Ministero di Grazia e Giustizia e sono state introdotte disposizioni di contenimento della spesa per gli incarichi dirigenziali nelle società controllate dalle PA. Tali passaggi sono consentiti direttamente, sulla base di una semplice domanda e tali soggetti possono essere utilizzati per compiti amministrativi. Viene fissato il termine del 31 dicembre 2015 per la utilizzazione di questa possibilità.
I dipendenti delle PA che dichiarano una condizione di eccedenza e/o di sovrannumero possono passare direttamente alle dipendenze del Ministero di Grazia e Giustizia.
razionalizzazione ed a tale scopo si dà ad esse per la prima volta la possibilità di usare lo strumento della mobilità. Occorre capire, conclusione che solamente la concreta esperienza ci consentirà di trarre, quanto il nuovo istituto sarà concretamente utilizzato e se contribuirà effettivamente ed in quale misura a rendere più flessibile il “mercato del lavoro” delle società controllate dalle PA.
Viene stabilito il divieto per le società controllate, anche in modo indiretto, da pubbliche amministrazioni di prevedere clausole di favore relativamente al trattamento economico per i dirigenti al momento del collocamento in quiescenza. In altri termini, sono vietate le buonuscite milionarie, intendendo come tali quelle eccedenti le disposizioni contrattuali. Il divieto si estende anche alle società controllate da enti strumentali delle PA; sono escluse le società quotate in borsa. Il divieto non si applica nei casi in cui l’ente proprietario abbia espressamente autorizzato la sottoscrizione di una clausola di tal genere. La sanzione è assai dura: se ne stabilisce la nullità nel caso in cui siano state sottoscritte senza “i prescritti poteri o deleghe in materia”. Il che determina la maturazione di responsabilità amministrativa in caso di violazione, risultando peraltro chiaro che la violazione determina il maturare di responsabilità amministrativa.
La ulteriore disposizione inserita nell’ultimo comma dell’articolo 3 sanziona il conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti che siano titolari di un trattamento pensionistico. Il vincolo si applica sia a coloro che sono stati collocati in quiescenza per anzianità che per vecchiaia. Tale vincolo si applica nelle società controllate dalle pubbliche amministrazioni, ancora una volta anche in modo indiretto. Questo divieto non si applica alle società che emettono strumenti finanziari quotati in borsa. Si stabilisce che, in deroga alle previsioni dettate nei contratti individuali di lavoro, questi rapporti debbano cessare alla data del 31 dicembre 2013 per le società che hanno chiuso l’ultimo esercizio finanziario in perdita. Se le società hanno chiuso l’ultimo esercizio finanziario in avanzo il rapporto può continuare, ma a questi dirigenti viene sospeso, per tutta la durata dell’incarico dirigenziale, il trattamento pensionistico. Ovviamente tale sospensione non prevede alcuna forma di recupero.
STABILIZZAZIONI, UTILIZZAZIONE DEGLI IDONEI E ASSUNZIONI FLESSIBILI
L’articolo 4 contiene le disposizioni di maggiore rilievo dell’intero provvedimento: il riferimento va soprattutto al rilancio ed all’ampliamento delle possibilità di stabilizzazione dei lavoratori precari, ma anche al rafforzamento del vincolo alla utilizzazione delle graduatorie concorsuali esistenti ed alla introduzione di nuove limitazioni al ricorso alle assunzioni flessibili. Limitazioni che sono dettate con lo scopo di evitare il maturare di nuovo precariato e sono accompagnate dalla introduzione di sanzioni più dure in capo ai dirigenti inadempienti (si veda in precedenza).
I primi commi si preoccupano di dettare nuovi limiti nel ricorso alle assunzioni flessibili, nonché nuove disposizioni su questa materia. In primo luogo, si restringe l’ambito entro il quale è consentito il ricorso a questo istituto: in precedenza esso poteva essere utilizzato “per esigenze temporanee ed eccezionali”; adesso “per esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale”. Come si vede siamo in presenza di una restrizione alle motivazioni che devono essere a base della scelta dell’ente. Il che vuol dire ad esempio, ed in questo senso vanno anche le indicazioni per cui il ricorso alle assunzioni flessibili nelle PA è consentito “esclusivamente” per le motivazioni prima ricordate, che appare in contrasto con il dettato normativo effettuare una assunzione a tempo determinato, ma il divieto si può estendere anche al ricorso ai contratti di somministrazione”, per coprire posti vacanti in dotazione organica. In altri termini, a parte il carattere sostitutivo, il ricorso alle assunzioni flessibili si deve ritenere legittimo in presenza di esigenze che hanno un carattere eccezionale e limitato nel tempo. Il che vuol dire, riprendendo su questo punto considerazioni che sono già presenti nel DLgs n. 368/2001, che le assunzioni in via ordinaria si fanno a tempo indeterminato e che quelle flessibili costituiscono una deroga cui è possibile ricorrere solamente in casi limitati che devono essere coerenti con i principi fissati dal legislatore.
Da evidenziare che i vincoli dettati dal legislatore toccano sia le assunzioni con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato che le altre forme di assunzioni flessibili. Quindi, in primo luogo, i contratti di somministrazione, ma anche quelli di formazione e lavoro ed il lavoro accessorio.
Occorre evidenziare che la disposizione sembra mettere in discussione la stessa possibilità di fare ricorso, pensiamo soprattutto ai comuni turistici, ad assunzioni di lavoratori stagionali: è questa una conclusione che è probabilmente eccessiva rispetto alle finalità perseguite dal legislatore, ma un chiarimento appare quanto mai opportuno e necessario.
Si deve considerare che, ad avviso di chi scrive, le assunzioni ex articoli 90 e 110 del DLgs n. 267/2000 sembrano al di fuori dell’ambito di applicazione di questa disposizione. Ricordiamo che l’articolo 90 del DLgs n. 267/2000 disciplina le assunzioni negli uffici di staff degli organi di governo e l’articolo 110 quelle dei dirigenti, dei responsabili e di elevate professionalità, sia per la copertura di posti vacanti in dotazione organica che extra dotazione organica. Queste disposizioni sembrano al di fuori dell’ambito di applicazione delle nuove regole in primo luogo perché sono rimasti fino ad ora immuni dalle restrizioni legislative, in quanto disposizioni “speciali”. Ed ancora, in quanto la loro disciplina è contenuta nel citato testo unico della leggi sull’ordinamento degli enti locali, che costituisce una norma “rafforzata” rispetto alla legislazione ordinaria, in quanto modificabile solamente in modo espresso.
Con una disposizione che deve essere letta come un chiarimento e rafforzamento del quadro normativo esistente, si stabilisce modificando ulteriormente il DLgs n. 165/2001, articolo 36, che le assunzioni flessibili per le PA sono subordinate ai vincoli dettati dal DLgs n. 368/2001 e dallo stesso DLgs n. 165/2001. Ed ancora, che nelle PA si applica il divieto di trasformazione delle assunzioni a tempo determinato in assunzioni a tempo indeterminato, sanzione che invece si applica nelle aziende private nel caso in cui il datore di lavoro non rispetti i vincoli dettati dalla normativa come limitazione al ricorso alle assunzioni flessibili.
Il Parlamento ha dettato una ulteriore disposizione attraverso cui si vuole ostacolare il formarsi di una nuova massa di lavoratori precari nelle PA. Al comma 1 viene aggiunta la lettera a bis), sempre sotto forma di modifica dell’articolo 36 del DLgs n. 165/2001. La “novella” si articola in due nuove previsioni:
- le amministrazioni pubbliche usano le graduatorie per le assunzioni a tempo indeterminato per quelle a tempo determinato. Si stabilisce che tutte le PA, quindi la norma si applica anche agli enti locali, “sottoscrivono contratti a tempo determinato con i vincitori e gli idonei delle proprie graduatorie vigenti per concorsi pubblici a tempo indeterminato”. Era questa una scelta che numerose amministrazioni già praticavano e che non prestava a censure di legittimità, in particolare nel caso in cui la previsione era contenuta nel bando di concorso e, ancor più, se prevista nei regolamenti. La disposizione deve essere coordinata con la normativa esistente, il che pone alcuni problemi applicativi. In secondo luogo, si deve evidenziare che il legislatore non si limita a prevedere una possibilità e non arriva a dettare un vincolo, anche se ci va molto nei pressi, visto che utilizza il verbo all’indicativo;
- viene previsto che le pubbliche amministrazioni possano applicare le disposizioni che consentono di effettuare assunzioni attingendo a graduatorie formate da altre PA. Questa possibilità è disciplinata dall’articolo 3, comma 61, della legge n. 350/2003. Essa interessa sia le assunzioni a tempo indeterminato che quelle a tempo determinato. La recente deliberazione n. 124/2013 della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti dell’Umbria ha rafforzato la lettura per cui questa disposizione può essere utilizzata anche se le amministrazioni non hanno stipulato una specifica convenzione prima della indizione del concorso o prima dell’approvazione della graduatoria. Tesi che la stessa Funzione Pubblica ha adombrato negli anni precedenti. A scanso di equivoci si stabilisce che la utilizzazione della graduatoria formata per un concorso a tempo indeterminato, fa salvo il diritto di coloro che sono utilmente collocati in graduatoria alla assunzione a questo titolo.
Occorre coordinare la lettura di queste disposizioni nel quadro generale del nostro ordinamento. A questo punto le PA hanno 3 strumenti a disposizione per le assunzioni a tempo determinato: le graduatorie per le assunzioni a tempo determinato, le graduatorie per le assunzioni a tempo indeterminato e le graduatorie di altre PA. E’ evidente che si vuole “scoraggiare” un’amministrazione ad indire nuove procedure concorsuali. Scelta che, come vedremo subito dopo, è conclamata dallo stesso provvedimento con l’allungamento della durata delle graduatorie formate per le assunzioni a tempo indeterminato. Quindi, la indizione di una nuova procedura concorsuale deve essere adeguatamente motivata, con specifico riferimento alla non utilizzazione delle prime due opzioni per la loro inesistenza e spiegando le ragioni per cui non ricorre alla terza, cioè le graduatorie di altre PA. Si pone un problema di prevalenza delle graduatorie per le assunzioni a tempo indeterminato o di quelle a tempo determinato, ovviamente nel caso in cui per lo stesso profilo vi siano ambedue. E’ questo un aspetto molto delicato su cui si ritiene che le PA abbiano margini ampli di autoregolamentazione, a condizione che ciò sia disposto in via preliminare e con una disposizione avente natura regolamentare.
Si ricordano le sanzioni della nullità dei provvedimenti violano i vincoli alle assunzioni flessibili ed il maturare in capo ai dirigenti inadempienti di responsabilità erariale e dirigenziale; quest’ultima è sanzionata attraverso il divieto di erogazione della indennità di risultato. Tali sanzioni si applicano anche nel caso di violazione delle disposizioni sul conferimento di incarichi di collaborazione e consulenza.
Passiamo adesso alle disposizioni che rafforzano la necessità del ricorso alle graduatorie esistenti presso l’ente. Queste disposizioni si aprono con il seguente vincolo dettato per le amministrazioni dello Stato: l’autorizzazione alla indizione di nuove procedure concorsuali è subordinato alla verifica che tutti gli idonei di qualunque graduatoria presso lo stesso ente sono stati assunti, fatte salve specifiche e comprovate gravi esigenze organizzative; assenza di idonei collocati nelle graduatorie approvate nello stesso ente dopo il giorno 1 gennaio 2007 e relative alle stesse professionalità. Tale limitazione si applica anche alle assunzioni relative a concorsi in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del DL 101, cioè la fine del mese di ottobre del 2013. Ovviamente rimane fermo il principio che le assunzioni di dipendenti a tempo indeterminato da parte delle PA sono subordinate alla verificata assenza di personale pubblico in disponibilità.
Viene ribadita l’applicabilità della disposizione che consente di utilizzare le graduatorie di un’altra PA (si veda quanto detto in precedenza).
Una disposizione inedita prevede la indizione di concorsi per le assunzioni di dirigenti e di “figure professionali comuni a tutte le pubbliche amministrazioni” tramite l’indizione di concorsi unici. Essi sono organizzati, senza maggiori oneri per le PA, dal Dipartimento della Funzione Pubblica. Il bando può prevedere un contributo di ammissione dei singoli candidati fino al tetto massimo di 10 euro. La indizione di questi concorsi è subordinata alla previa verifica del fabbisogno delle singole PA e, ovviamente, ai vincoli dettati alle assunzioni di personale pubblico. I concorsi possono essere anche effettuati su base regionale, nel caso in cui la verifica evidenzi che vi è necessità di specifiche figure professionali esclusivamente in singole regioni. Il ricorso a tali concorsi è vincolante per le amministrazioni statali, fermi restando i corsi concorso per la dirigenza banditi dalla Scuola Nazionale dell’Amministrazione. Le singole amministrazioni statali possono essere autorizzate ad indire concorsi per figure professionali peculiari.
Regioni ed enti locali possono aderire alla verifica del fabbisogno, il che determina per essi il vincolo alla adesione al concorso unico.
Il Dipartimento della Funzione Pubblica è impegnato a garantire il massimo di trasparenza garantendo un’ampia pubblicità di tutte le fasi dei concorsi e delle procedure di verifica del fabbisogno.
Una importante disposizione è costituita dalla proroga a tutto il 2016 della validità delle graduatorie a tempo indeterminato in vigore presso l’ente al momento della approvazione del decreto. Tale disposizione è diretta esclusivamente alle PA che hanno vincoli alle assunzioni, dato che sembra comune a tutte le PA e che comprende sicuramente tutti gli enti locali. Il che vuol dire, ad avviso di chi scrive, che diventano valide fino a tutto il 2016 negli enti locali le graduatorie dei concorsi che sono stati indetti a partire dalla fine del mese di settembre dell’anno 2003, data che si ricava dalle disposizioni della legge di stabilità 2013, legge n. 228/2012, e dallo specifico DPCM attuativo dei mesi scorsi. Cioè avremo graduatorie concorsuali che, a fronte di una ordinaria validità di 3 anni, rimangono tali per oltre 12 anni. Vi sono tesi che sostengono che la validità delle graduatorie negli enti locali soggetti al patto non si estende fino a tale periodo, in quanto che tali amministrazioni negli anni conclusivi del primo decennio del 2000 non avevano vincoli alle assunzioni. Non si fa propria questa tesi, in quanto comunque limitazioni (ad esempio i divieti di assunzione per chi non avesse rispettato il patto e/o la spesa del personale e/o il tetto del rapporto tra spesa del personale e spesa corrente) erano comunque in vigore.
Veniamo adesso alle disposizioni dettate per la stabilizzazione dei lavoratori precari. Ricordiamo che, prima della entrata in vigore della legge, il nuovo testo dell’articolo 35 del DLgs n. 165/2001 introdotto dalla legge di stabilità 2013 contiene uno strumento a regime per le stabilizzazioni. Tale strumento non è stato modificato dalle nuove regole e si aggiunge ad esse, con la differenza che le nuove disposizioni hanno una durata limitata, espressamente fino a tutto il 2016, mentre quelle previste dalla citata disposizione hanno un carattere permanente. Esse consentono a tutte le PA, da evidenziare che siamo comunque nell’ambito di scelte discrezionali, di stabilizzare i lavoratori assunti a tempo determinato che hanno maturato con lo stesso ente un’anzianità a tale titolo almeno triennale. Tali assunzioni possono essere effettuate in uno dei seguenti 2 modi: concorso pubblico con riserva non superiore al 40%. Il che vuol dire che per effettuare una stabilizzazione occorre mettere a concorso almeno 3 posti. Da evidenziare inoltre che la disposizione non consente il concorso interamente riservato, per cui l’equilibrio deve essere trovato nell’ambito della stessa prova concorsuale. L’altra possibilità è la valorizzazione dell’esperienza conseguita da questi soggetti nell’ambito del punteggio; essa può essere estesa anche ai collaboratori coordinati e continuativi che hanno maturato con lo stesso ente il periodo minimo di 3 anni di anzianità.
Le nuove disposizioni si aprono, al comma 5, con l’impegno a che entro la fine del mese di settembre 2013 (termine non rispettato) la Funzione Pubblica avvii il monitoraggio telematico del personale precario in possesso dei requisiti per la stabilizzazione e dei vincitori ed idonei nei concorsi pubblici per l’assunzione a tempo indeterminato. Il legislatore impegna tutte le amministrazioni che vogliono dare corso a stabilizzazioni di lavoratori precari a fornire le risposte richieste. I risultati di tale monitoraggio saranno pubblicati sul sito internet della Funzione Pubblica.
Il comma si completa con l’impegno a che la distribuzione delle risorse per le nuove assunzioni –si deve presumere con riferimento alle sole amministrazioni statali, anche se il dettato normativo si applica a tutte le PA interessate dal monitoraggio- sia disposta tenendo conto delle seguenti esigenze: riduzione del ricorso ad assunzioni flessibili, favorire l’avvio di nuove procedure concorsuali e l’assunzione degli idonei. Il tutto nell’ambito del principio costituzionale per cui le assunzioni nel pubblico impiego avvengono tramite concorsi pubblici ovvero garantendo un’adeguata riserva all’esterno. Si può discutere del carattere eccessivamente ampio e generico della scelta legislativa, che si caratterizza per l’estrema ampiezza e per la volontà di conciliare esigenze che sono per molti aspetti opposte. Queste regole devono essere dettate con un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che deve essere adottato entro la fine del mese di marzo del 2014.
Veniamo adesso al cuore delle disposizioni sulle stabilizzazioni, che sono contenute nei commi da 6 a 10. Si dispone che fino a tutto il 2016 le Pubbliche Amministrazioni possano, quindi ancora una volta siamo nell’ambito delle scelte discrezionali, bandire concorsi riservati esclusivamente alle seguenti due tipologie:
- coloro che sono in possesso dei requisiti previsti dalle leggi finanziarie del 2007 e del 2008 (cioè avere maturato al 31 dicembre 2007 almeno 3 anni di anzianità negli ultimi 5 anni con PA o maturare tale requisito sulla base di assunzioni disposte o prorogate prima della fine del mese di settembre del 2007 o avere avuto assunzioni a tempo determinato per almeno 3 anni nei 5 anni precedenti le citate disposizioni);
- coloro che alla fine del mese di ottobre (cioè alla data di entrata in vigore della legge di conversione del DL) avevano maturato con l’amministrazione che procede alla indizione del concorso una anzianità di almeno 3 anni negli ultimi 5. Si continua a stabilire che sono esclusi dalla possibilità di stabilizzazione coloro che sono stati assunti negli uffici di staff degli organi politici, cioè negli enti locali ex articolo 90 del DLgs n. 267/2000. Non viene, ancora una volta, detto nulla sulla possibilità di stabilizzazione dei responsabili non dirigenti assunti ex articolo 110 del citato DLgs n. 267/2000, anche se la opinione largamente prevalente è che costoro non sono compresi nell’ambito di applicazione della disposizione.
Il legislatore pone a base della sua scelta, il che si deve ad avviso di chi scrive considerare esteso anche alle motivazioni che le amministrazioni si devono dare, il “favorire una maggiore e più ampia valorizzazione della professionalità acquisita dal personale con contratto di lavoro a tempo determinato e, al contempo, ridurre il numero dei contratti a termine”.
Viene stabilito con molta chiarezza che queste assunzioni possano essere disposte nel rispetto di 2 condizioni:
- entrano a far parte del tetto di spesa per le nuove assunzioni (quindi negli enti locali soggetti al patto nel tetto del 40% degli oneri del personale cessato, con le deroghe previste per i vigili urbani, il personale dei servizi sociali e quello utilizzato per la funzione pubblica istruzione e negli enti locali non soggetti al patto nel tetto delle cessazioni intervenute);
- possono essere effettuate nel tetto del 50% delle risorse che ogni amministrazione può destinare alle nuove assunzioni. Quindi non viene dettato un tetto numerico alle stabilizzazioni, ma un tetto alla relativa spesa, il che consente comunque di soddisfare il vincolo costituzionale che è ribadito nello stesso decreto, cioè “a garanzia dell’adeguato accesso dall’esterno”.
Il legislatore stabilisce che queste assunzioni possano essere previste, ovviamente per le amministrazioni che decidano di effettuarle, nelle programmazioni del fabbisogno degli anni 2013, 2014, 2015 e 2016. Ed ancora, si consente ai singoli enti di stabilire il tetto di spesa per le stabilizzazioni con riferimento complessivo alle risorse che nell’arco del triennio ogni amministrazione può dedicare alle nuove assunzioni a tempo indeterminato.
Altra importante disposizione è quella che consente, nell’arco del quadriennio 2013/2016, di utilizzare queste graduatorie, ovviamente all’interno del tetto di spesa per questa possibilità. La utilizzazione dello strumento dei concorsi riservati di cui a questa disposizione è espressamente indicata come alternativa al ricorso al sistema ordinario di stabilizzazione dei precari di cui all’articolo 35, comma 3 bis, del DLgs n. 165/2001.
Viene previsto che il personale precario delle province, in possesso dei requisiti previsti per la stabilizzazione e considerato il divieto di assunzioni posto in capo alle province, possa partecipare a concorsi per la stabilizzazione degli enti che hanno sede nel territorio provinciale.
Le principali differenze tra queste disposizioni e quelle “a regime” previste nell’articolo 35 del DLgs n. 165/2001, differenze che vanno nella direzione di consentire il superamento della condizione di precarietà di un numero maggiore di dipendenti, sono la previsione di concorsi interamente riservati ai precari e non di concorsi con riserva ed ancora la fissazione del tetto per queste assunzioni esclusivamente nel 50% degli oneri per nuove assunzioni, quindi senza un limite numerico rispetto alle nuove assunzioni stesse ed inoltre la applicazione anche a coloro che avevano maturato i requisiti di anzianità sulla base delle leggi finanziare del 2007 e del 2008. Da sottolineare che il considerare queste come nuove assunzioni e l’avere dettato il tetto invalicabile del 50% della spesa che nel periodo può essere dedicato alle nuove assunzioni determina comunque una forte limitazione nel ricorso a questo istituto.
Il legislatore intende fornire una possibilità ulteriore di ampliamento della platea dei soggetti che possono essere stabilizzati: le amministrazioni hanno la opportunità, in relazione al fabbisogno ed alle risorse disponibili, di fare ricorso al part time.
Anche se il legislatore non lo dice espressamente, ma questa conclusione è obbligata sia sulla base dei principi di carattere generale sia sulla base delle indicazioni contenute nello stesso decreto, i posti su cui vengono effettuate le stabilizzazioni devono essere previste per posti esistenti e vacanti nella dotazione organica.
Una possibilità ulteriore di stabilizzazione è stata introdotta dal Parlamento in sede di conversione e riguarda il personale interessato alla cd prestabilizzazione. Il riferimento va al comma 560 della legge n. 296/2006, finanziaria 2007. Ricordiamo che tale disposizione consentiva alle PA di riservare una quantità non inferiore al 60% dei bandi di concorso per le assunzioni a tempo determinato (molte amministrazioni si sono spinte fino al 100%) ai cococo che avevano maturato almeno 3 anni di anzianità presso le PA. Con la finanziaria del 2008 sembrò aprirsi la possibilità della successiva stabilizzazione diretta di questo personale, possibilità negata dalla Funzione Pubblica. Il legislatore cerca di dare una risposta in termini di stabilizzazione, anche se in alcuni casi la durata triennale è già scaduta abbondantemente e questo personale non è più in servizio presso l’ente.
Si stabilisce una corsia preferenziale per la stabilizzazione, che infatti viene configurata come possibilità da utilizzare prima della stabilizzazione dei precari di cui detto in precedenza, cioè dei dipendenti a tempo determinato con anzianità almeno triennale. Condizione per potere accedere è l’avere maturato almeno 3 anni di assunzione a tempo determinato nell’ultimo quinquennio alle dipendenze dell’ente che indice le procedure concorsuali riservate. Anche queste assunzioni entrano nel tetto alla spesa per le nuove assunzioni, mentre manca un esplicito richiamo a che stiano nel tetto del 50% della spesa che l’ente può destinare a nuove assunzioni. A parere di chi scrive questo tetto si può considerare come un principio di carattere generale fissato dalla normativa e, quindi, applicabile a queste procedure, che quindi darebbero il vantaggio di potere essere indette prima di quelle destinate a tutti coloro che hanno maturato almeno 3 anni di anzianità come lavoratore dipendente con l’ente.
Sia per i concorsi riservati che per questa procedura è prevista la possibilità di proroga alla scadenza dei 36 mesi (vedi meglio subito dopo).
Passiamo adesso a quanto stabilito dal comma 8, previsione che si muove nella stessa direzione: per favorire le assunzioni a tempo indeterminato dei lavoratori socialmente utili e di quelli di pubblica utilità, cioè del personale di cui all’articolo 2, comma 1, del DLgs 81/2000 e dell’articolo 3, comma 1, del DLgs n. 280/1997, viene prevista una importante novità: le regioni devono predisporre “un elenco regionale dei suddetti lavoratori secondo criteri di priorità che contemperano l’anzianità anagrafica, l’anzianità di servizio ed i carichi familiari”. Ricordiamo che nel testo del DL 101 era previsto come unico fattore l’anzianità anagrafica,
Non ha minore importanza la disposizione rivolta agli enti territoriali, ambito in cui sono compresi sicuramente tutti gli enti locali: per le assunzioni del personale di cui all’articolo 16 della legge 56/1987 cioè quello per il quale è richiesto il titolo di studio della scuola dell’obbligo (negli enti locali categorie A e B1), nel rispetto dei tetti alle assunzioni procedono in deroga all’articolo 12, comma 4, del DLgs n. 468/1997, cioè superando la riserva del 30% per gli LSU e gli LPU, ad effettuarne anche a tempo parziale attingendo alla graduatoria regionale tramite una specifica richiesta alla stessa.
Si garantisce un arco temporale più lungo alla proroga nella utilizzazione dei lavoratori precari, che le regole precedentemente in vigore consentivano solamente fino a tutto il 2013. Tale possibilità, perché siamo sempre nell’ambito di una valutazione discrezionale di opportunità, è consentita per tutto il quadriennio 2013/2016. I soggetti destinatari possono essere esclusivamente coloro “che hanno maturato, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge (nda cioè alla fine del mese di ottobre del 2013), almeno tre anni di servizio alle proprie dipendenze”. Ricordiamo che la proroga in vigore in precedenza era consentita unicamente in favore del personale che con la stessa supera i 3 anni di anzianità presso lo stesso ente sulla base di un contratto, anche prorogato o rinnovato.
Occorre considerare inoltre che le nuove disposizioni consentono alle amministrazioni di utilizzare questa proroga solamente nel caso in cui prevedono nel corso della programmazione del fabbisogno di personale per l’arco temporale 2013/2016 di effettuare stabilizzazioni o con il ricorso all’articolo 35, comma 3 bis, lettera a) del DLgs n. 165/2001, cioè ai concorsi pubblici con riserva massima del 40% per il personale in possesso del requisito di 3 anni di anzianità presso lo stesso ente, ovvero alle stabilizzazioni previste dal DL 101/2013. Tale proroga viene assoggettata al contemporaneo rispetto dei seguenti 3 vincoli:
a) “nel rispetto dei vincoli finanziari previsti dalla normativa vigente in materia” ed “alle risorse finanziarie disponibili”. Il che sembra volere fare riferimento non sono al tetto alla spesa del personale, ma anche a quella per le assunzioni flessibili (che ricordiamo essere il 50% di quanto sostenuto allo stesso titolo nell’anno 2009);
- b) “in relazione al proprio effettivo fabbisogno”, il che lascia immaginare non solo che occorra una specifica individuazione nel programma del fabbisogno, ma anche che i posti siano previsti in dotazione organica e vacanti;
c) “in coerenza con i requisiti relativi alle tipologie di professionalità da assumere a tempo indeterminato, indicati nella programmazione triennale”, cioè la proroga è consentita solo per i posti per i quali in questo documento è prevista la stabilizzazione.
La disposizione stabilisce anche la durata massima della proroga: “fino al completamento delle procedure concorsuali”. Viene inoltre fissato un tetto massimo invalicabile: “comunque non oltre il 31 dicembre 2016”.
Come si vede non siamo in presenza di una possibilità di proroga che riguarda in modo indiscriminato tutti i precari che hanno raggiunto 3 anni di anzianità, ma solamente coloro che hanno raggiunto questo tetto e che l’ente include nel programma di stabilizzazione e di assunzione.
La stessa possibilità è prevista espressamente e distintamente anche per le stabilizzazioni del personale destinatario del comma 560 della legge finanziaria 2007.
Una risposta specifica è prevista per i precari delle regioni a statuto speciale. Questa possibilità è offerta unicamente “per le finalità e nel rispetto dei vincoli e dei termini” previsti per le proroghe dei dipendenti che hanno superato il tetto di 36 mesi, cioè per coloro che l’ente ha inserito nel programma di stabilizzazione. In questi casi viene consentito alle proroghe di superare il tetto del 50% della spesa sostenuta nell’anno 2009 per le assunzioni effettuate “a valere sulle risorse finanziarie aggiuntive appositamente individuate dalle medesime regioni attraverso misure di revisione e razionalizzazione della spesa certificate dagli organi di controllo interno”.
Vi sono deroghe specifiche anche per il Ministero dell’Interno e per la Croce Rossa.
Il comma 10, concludendo le disposizioni dettate in materia di stabilizzazione dei lavoratori precari”, stabilisce che regioni ed enti locali sono tenuti, ovviamente nell’ambito della propria programmazione, ad applicare queste regole “nel rispetto dei principi e dei vincoli ivi previsti e tenuto conto dei criteri definiti con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri” prima ricordato, per cui esse sono da considerare alla stregua delle disposizioni di principio per queste amministrazioni. Da evidenziare che il legislatore non fa in questo caso riferimento né all’attuazione delle norme costituzionali, né ai principi di coordinamento della finanza pubblica, né all’ordinamento civile, né alla tutela dei livelli minimi essenziali riferiti alle prestazioni relative ai diritti civili e sociali, cioè alle materie che sono costituzionalmente riservate alla competenza legislativa statale. Il che rende meno imperativo per regioni ed enti locali il carattere di queste disposizioni. Analoghe disposizioni sono dettate per gli enti del servizio sanitario, fermo restando quanto disposto dall’articolo 10, comma 4-ter, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, cioè la non applicazione dei tetti di proroga e durata al personale sanitario.
L’articolo contiene una deroga per le assunzioni flessibili di personale educativo e scolastico da parte dei comuni. Per questo personale si prevede che negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia gestite dai municipi, in omaggio alla necessità di garantire “il diritto alla educazione” si applichino le deroghe previste dall’articolo 10, comma 4-bis, del DLgs n. 368/2001, cioè viene consentita più di una proroga e non si applica il tetto massimo dei 36 mesi per la durata del rapporto. Tali deroghe non consentono comunque di superare i vincoli dettati dal legislatore per il “rispetto del patto di stabilità” e per i tetti sia finanziari che di assunzioni dettati per gli enti locali. Ricordiamo che in precedenza le assunzioni flessibili del personale necessario all’esercizio della funzione fondamentale pubblica istruzione (oltre che a quello dei servizi sociali e della vigilanza) si applica la possibilità di derogare il tetto del 50% della spesa per le assunzioni flessibili del 2009, restando comunque entro la soglia massima di tali oneri.
Esso, con una collocazione che appare alquanto strana ed è comunque discutibile, anche con riferimento alla urgenza, stabilisce che i servizi scolastici e per l’infanzia sono aggiunti a quelli previsti dall’articolo 114, comma 5 bis, del DLgs n. 267/2000, cioè all’elenco delle aziende speciali ed istituzioni esonerate dal rispetto del patto di stabilità e dai vincoli dettati alle assunzioni, nonché alla spesa di personale ed all’applicazione del DLgs n. 163/2006.
Sono dettate disposizioni particolari per le assunzioni flessibili dei comuni de L’Aquila e degli altri compresi nel cratere di quelli abruzzesi terremotati dal sisma.
Vengono inoltre previste disposizioni specifiche per le assunzioni di magistrati e di personale da parte degli enti di ricerca.
LE ASSUNZIONI OBBLIGATORIE
Si deve segnalare per la sua notevole importanza il rafforzamento del carattere vincolante delle assunzioni obbligatorie, a partire da quelle dei soggetti che sono portatori di handicap.
In primo luogo si impone a tutte le PA, ivi compresi quindi anche gli enti locali e le regioni, di provvedere alla rideterminazione del numero delle assunzioni obbligatorie che ognuna deve effettuare. Si ricorda che, sulla base delle previsioni di cui alla legge 68/1999, esse sono fissate nel seguente numero: 1 per le amministrazioni da 15 a 35 dipendenti, 2 per quelle da 36 a 50 ed il 7% per quelle che hanno da 36 dipendenti in su. Si ricorda che nella base di calcolo non vanno conteggiati né il segretario né i dirigenti e che non vanno conteggiati neppure i vigili urbani. La disposizione stabilisce che la rideterminazione del numero delle assunzioni obbligatorie deve essere effettuata sulla base della dotazione organica calcolata applicando le disposizioni esistenti, ivi comprese quindi l’applicazione delle previsioni del DL n. 95/2012, cd spending review, per come da ultimo modificate dallo stesso DL n. 101/2013. A differenza del passato viene direttamente imposto dalla stessa normativa l’obbligo per tutte le PA di “assumere a tempo indeterminato un numero di lavoratori pari alla differenza fra il numero come rideterminato e quello allo stato esistente”. La disposizione rafforza il carattere immediatamente vincolante del precetto, per cui esso non può essere inteso come un obbligo prima di procedere a nuove assunzioni.
Un ulteriore rafforzamento, quello di maggiore rilievo, del carattere vincolante delle nuove regole sulle assunzioni delle cd categorie obbligatorie è dato dalla scelte per cui esse vanno in “deroga ai divieti di nuove assunzioni previsti dalla legislazione vigente”, nonché dalla previsione che esse vanno effettuate “anche nel caso in cui l’amministrazione interessata sia in situazione di soprannumerarietà”.
Viene inoltre dettata una specifica disposizione cha dà la preferenza a questi soggetti in caso di proroghe di assunzioni a tempo determinato.
Funzione Pubblica e Ministero del Lavoro sono chiamati a vigilare sull’applicazione delle nuove regole.
LE ALTRE DISPOSIZIONI
Il Parlamento ha aggiunto l’articolo 3 bis, che detta disposizioni sui contratti di servizio tra le pubbliche amministrazioni e le società erogate. Le PA possono procedere alla revisione dei contratti di servizio, cioè delle intese che regolano lo svolgimento delle attività delle società per conto della PA. Tal revisione è una facoltà ed è finalizzata alle seguenti finalità: contenimento della spesa, riduzione degli oneri a carico del bilancio consolidato e migliore svolgimento delle funzioni amministrative. Occorre quindi che vi sia una specifica motivazione, che deve determinare un risparmio a vantaggio delle PA. I destinatari del vincolo sono individuati nelle società e negli enti controllati, anche in modo indiretto. Sono esclusi dalla possibilità di revisione dei contratti di servizio quelli stipulati con società quotate in borsa. Non vi sono dei limiti temporali alla utilizzazione dello strumento, dal che quindi se ne deve trarre la conclusione che le PA possono assumere questa decisione in ogni momento.
La disposizione si conclude stabilendo che, in caso di revisione dei contratti di servizio, le società possano entro 3 mesi dare corso alla rinegoziazione del contratto decentrato. Tale scelta è finalizzata alla “riduzione degli istituti di salario accessorio e dei relativi costi” per il personale impegnato in tali attività, in conseguenza delle minori entrate che la società realizza come proventi da parte della PA.
Si deve segnalare una modifica contenuta nell’articolo 4 alle disposizioni dettate per la certificazione medica sportiva non agonistica.
L’articolo 4 prevede che le assenze “per malattia abbiano luogo per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici”, si dia corso ad un “permesso che viene giustificato mediante la presentazione di attestazione rilasciata dal medico o dalla struttura, anche privati, che hanno svolto la visita o la prestazione”. Tale attestazione serve anche per la dimostrazione dell’orario e può essere trasmessa anche in forma telematica. Come si vede si considera il giorno o le ore per le visite mediche o gli esami come un permesso. Permesso che si deve raccordare con le norme contrattuali dettate in materia.
E’ stato aggiunto un nuovo articolo che consente di coprire con oneri figurativi le assenze per la donazione di sangue ed i congedi parentali.
Si deve inoltre aggiungere che il trasferimento dei compiti della Civit in materia di valutazione e di qualità delle PA rispettivamente all’Aran ed al Dipartimento della Funzione Pubblica, nonché la limitazione dei suoi attuali organi direttivi è stata completamente bocciata dal Parlamento, che ha ridato a tale organismo tutti i suoi precedenti compiti. Essa è anzi diventata Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle pubbliche amministrazioni (A.N.AC.). E sono state dettate specifiche regole per i suoi organi di governo.
Si segnala che, per i testimoni di giustizia, viene introdotto il diritto ad accedere ad uno specifico programma per le assunzioni nelle PA. Le modalità operative sono tutte da precisare, come l’applicazione di tale vincolo per le singole pubbliche amministrazioni. La previsione rinvia a specifiche intese da raggiungere tra le singole amministrazioni ed il ministero dell’Interno.
Il corpo dei vigili del fuoco può stipulare convenzioni per supportare i comuni nella predisposizione dei piani di protezione civile e di emergenza comunale. In tali convenzioni sono definiti anche i rapporti finanziari.
SI ricorda che viene istituita l’agenzia per la coesione.
Ed infine che viene modificato il SISTRI.
LE INDICAZIONI DELLA FUNZIONE PUBBLICA
Le stabilizzazioni dei lavoratori precari possono essere effettuate utilizzando le opportunità previste dal DL n. 101/2013, articolo 4, entro la fine del 2016 ovvero quelle previste dall’articolo 35, comma 3 bis, del DLgs n. 165/2001, che è una disposizione che vale in modo ordinario. Comunque occorre rispettare il vincolo del tetto di spesa, che non può eccedere il 50% del totale della spesa per le nuove assunzioni. Non occorre attendere la pubblicazione del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri per l’avvio delle relative procedure. Possono essere così riassunti i più importanti chiarimenti contenuti nella circolare del Ministro per la Pubblica Amministrazione 21 novembre n. 5 “Indirizzi volti a favorire il superamento del precariato. Reclutamento speciale per il personale in possesso dei requisiti normativi. Proroghe dei contratti. Articolo 4 del decreto legge n. 101/2013 .. e articolo 35 del Decreto legislativo n. 165/2001”.
Questa circolare, la cui diffusione è stata rinviata alla registrazione da parte della Corte dei Conti, detta indicazioni anche su altri importanti scelte contenute nell’articolo 4 del DL n. 101/2013, in particolare per le assunzioni flessibili e per la utilizzazione di graduatorie di altre amministrazioni. Ad essa seguiranno specifiche circolari illustrative delle altre scelte contenute nel decreto.
Viene ricordato che la Funzione Pubblica darà corso ad un monitoraggio telematico della presenza di condizioni di vincitori ed idonei e di soggetti che hanno maturato le condizioni per la stabilizzazione.
LE STABILIZZAZIONI
Alla base delle scelte legislative in materia di stabilizzazione dei lavoratori precari sono poste le seguenti motivazioni:
- siamo in presenza di rapporti che violano i principi dettati dall’articolo 97 della Costituzione, che impone il ricorso al concorso pubblico come strumento ordinario di assunzione nelle PA;
- occorre tutelare la condizione dei lavoratori, che spesso vivono una condizione di incertezza che si prolunga da numerosi anni;
- in misura sempre più frequente le PA soccombono in sede di ricorsi presentati da lavoratori, con condanne al risarcimento dei danni e, talvolta, addirittura, all’assunzione;
- sta intensificandosi l’attenzione della Unione Europea per l’infrazione dei principi fissati dall’ordinamento comunitario.
Viene ribadito a chiare lettere da parte del legislatore che, anche con le nuove opportunità previste dalle disposizioni contenute nel DL n. 101/2013, rimane comunque la natura facoltativa delle scelte che i singoli enti possono adottare.
La circolare è pienamente consapevole del fatto che le nuove disposizioni non contengono una risposta integrale alle esigenze di superamento del precariato. Alla base di tale scelta la considerazione che la difficile condizione della finanza pubblica determina la presenza di drastiche limitazioni alla possibilità di effettuare assunzioni di personale, per cui il numero degli stabilizzati non potrà essere elevato. Il valore innovativo delle nuove scelte è dato dal fatto che comunque si forniscono “efficaci strumenti di intervento” ed appare necessario non “favorire infondate attese” da parte dei soggetti in possesso dei requisiti previsti dal legislatore.
GLI STRUMENTI
Oggi vi sono due strumenti che possono essere utilizzati per la stabilizzazione dei lavoratori precari:
- reclutamento speciale transitorio, introdotto dall’articolo 4 del DL n. 101/2013;
- reclutamento speciale previsto dall’articolo 35, comma 3 bis, del DLgs n. 165/2001.
Queste possibilità non “possono cumularsi.. assorbendo il 100% delle risorse assunzionali utili, per evitare di compromettere il principio dell’adeguato accesso dall’esterno, principio che è tutelato dalle citate norme prevedendo che una quota non superiore al 50% della spesa che può essere destinata a nuove assunzioni sia destinabile alle stabilizzazioni dei lavoratori precari”. Questa indicazione viene illustrata nel seguente modo: “entro il limite massimo del 50% delle risorse destinate alle assunzioni nell’anno, nell’arco temporale del quadriennio, le procedure di reclutamento speciale a regime e quelle di reclutamento speciale transitorio possono combinarsi in modo complementare”. Quindi il carattere alternativo dei due strumenti viene sintetizzato come divieto di sommatoria delle spese in modo da superare il tetto del 50% della spesa per le assunzioni.
LE CONDIZIONI
Le amministrazioni devono essere in possesso dei seguenti requisiti:
- le stabilizzazioni devono riguardare posti disponibili in dotazione organica;
- occorre essere in possesso dei requisiti previsti per le nuove assunzioni di personale;
- occorre rimanere nell’ambito delle capacità assunzionali dell’ente;
- si deve prevedere che le assunzioni riguardino posti vacanti nella programmazione del fabbisogno;
- occorre rimanere nel rispetto del tetto del 50% della spesa disponibile per le nuove assunzioni nel quadriennio 2013.
Viene previsto dalla circolare che non siano comprese nelle stabilizzazioni le assunzioni a tempo indeterminato che sono effettuate garantendo la precedenza a coloro che hanno avuto rapporti a tempo determinato di durata superiore a 6 mesi nell’anno successivo, previa segnalazione del dipendente, nell’ambito del personale delle categorie A e B.
LE INDICAZIONI OPERATIVE
Per la Funzione Pubblica costituisce “un criterio di trasparenza ed imparzialità, nonché di buona amministrazione per evitare l’insorgere di contenzioso, che le amministrazioni redigano bandi secondo cui coloro che hanno maturato l’anzianità con concorsi a tempo determinato in una determinata qualifica partecipino ai concorsi per la medesima qualifica, ferma restando la necessità del possesso dei requisiti di accesso, compreso il titolo di studio, previsti dalla normativa in vigore”.
Si ricorda che il possesso del titolo di studio previsto per l’accesso dall’esterno costituisce un requisito necessario qualunque sia la procedura di stabilizzazione utilizzata dall’ente, sia quella ordinaria sia quella transitoria.
Le procedure per le stabilizzazioni sono per titoli ed esami e nell’ambito dei primi le “amministrazioni possono prevedere punteggi per graduare diversamente l’anzianità di servizio maturata”.
Le risorse dedicate alle stabilizzazioni vanno comprese nel tetto di quelle destinabili alle nuove assunzioni negli anni dal 2013 al 2016: “resta fermo il vincolo di non superare per ciascun anno la misura del 50%”, tetto in cui vanno compresi gli oneri per tutte le stabilizzazioni, qualunque sia la procedura utilizzata. “Le graduatorie sono utilizzabili per assunzioni nel quadriennio 2013/2016” e viene posto il termine ultimo del 31 dicembre 2016.