LA GESTIONE ASSOCIATA

Di Arturo Bianco

Superamento del vincolo dei comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti alla gestione associata di tutte le proprie funzioni e servizi tramite una unione retta da specifiche regole; riscrittura delle funzioni fondamentali che i municipi fino a 5.000 abitanti dovranno gestire necessariamente in forma associata entro il 2013; riscrittura delle regole che disciplinano le unioni dei comuni e verifica della capacità delle convenzioni di realizzare effettivi risultati positivi in termini di efficienza ed efficacia della attività amministrativa, nonché di contenimento dei costi. Sono introdotte forme di incentivazione per le fusioni. Possono essere così sintetizzate le principali novità dettate dal DL n. 95/2012, cd spending review, alla gestione associata tra i piccoli comuni. Da aggiungere che è stato cancellato l’obbligo della gestione associata della cd ICT, cioè dell’informatica e della telematica, in modo da garantire il raggiungimento della soglia minima di 30.000 abitanti.

Le nuove disposizioni sono dettate, essenzialmente, nella forma della riscrittura delle regole contenute nell’articolo 14 del DL n. 78/2010, già modificate lo scorso anno dai DL n. 98 e n. 138/2011, nell’articolo 16, commi da 1 a 16, del DL n. 138/2011 e nell’articolo 32 del DLgs n. 267/2000, cd testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.

Le nuove disposizioni recepiscono, in particolare per le funzioni fondamentali e per la gestione associata tra i comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, le indicazioni che sono emerse nella commissione Affari Costituzionali del Senato in sede di esame della proposta di nuovo codice delle autonomie. Esse vengono incontro, soprattutto sul versante del superamento del vincolo per i comuni più piccoli alla gestione associata di tutte le funzioni ed i servizi, alle richieste avanzate in questi mesi in modo pressante dall’Anci.

Si deve sottolineare che le nuove scelte legislative non sono in alcun modo raccordate con la radicale riforma che interessa, peraltro nello stesso provvedimento, le province, riforma che si caratterizza da un lato per la riduzione del loro numero e dall’altro per il drastico ridimensionamento delle competenze gestionali che, in buona parte, vengono assegnate ai comuni. E la carenza di coordinamento su questo punto appare assai discutibile, visto che i municipi saranno destinatari di nuovi compiti per i quali non viene prevista una soglia minima ottimale per il loro esercizio, nonostante tali attribuzioni provengano da un livello di governo caratterizzato da una ampiezza ben maggiore rispetto alla soglia ordinaria dei comuni.
Si deve evidenziare che i tempi messi a disposizione dei singoli enti per assumere una decisione ed adottare le conseguenti iniziative sono assai brevi: almeno 3 funzioni fondamentali dovranno essere necessariamente gestite in forma associata entro il 31 dicembre 2012 e le restanti dovranno esserlo entro la fine del 2012. Si deve inoltre ricordare che non è stato modificato il termine, che rimane quindi fissato al 31 marzo 2013, entro cui i piccoli comuni devono attivare la centrale unica di committenza per tutte le aggiudicazioni di lavori pubblici, beni e servizi. Ed anche in questo caso il termine non è per nulla lontano. Da evidenziare che il vincolo della adesione alla centrale unica di committenza non opera, sulla base delle disposizioni dettate dal Dl n. 95/2012, per gli acquisti effettuati tramite il mercato elettronico.

Da sottolineare che viene formalmente superato l’autonomo vincolo della gestione associata della funzione ICT, cioè della società dell’informazione, peraltro in modo da raggiungere la soglia minima di 30.000 abitanti, in quanto la attivazione della gestione associata delle funzioni fondamentali con tecnologie informatiche, è giudicata sufficiente.

Il nuovo testo prevede, nella riscrittura del comma 28 dell’articolo 14 del DL n. 78/2010, che tutti i comuni fino a 5.000 abitanti, soglia che per quelli montani cala a 3.000 abitanti e che può dalle regioni essere modificata, anche in diminuzione, debbano gestire in forma associata tutte le funzioni fondamentali.

Altro elemento che merita di essere segnalato è costituito dalla riconfermata possibilità offerta a queste amministrazioni di scegliere forme differenziate di gestione associata per ogni singola funzione, il cd spezzatino. Per cui la funzione a) può essere gestita con i comuni 1, 2 e 3. Ed ancora la funzione b) può essere gestita dalla Unione 4. La funzione c) può essere gestita con i comuni 2, 4 e 5 etc. Ovviamente invece permane il vincolo che la intera funzione debba essere gestita necessariamente in modo unitario: le possibili opzioni si esercitano unicamente tra le funzioni e non tra i servizi in cui si articola una funzione.

Il legislatore indica le funzioni fondamentali. Senza che venga modificato l’articolo 21, comma 3, della legge n. 42/2009, cioè il cd federalismo fiscale, esse vengono riscritte al fine della gestione associata.

Di seguito evidenziano la nuova disciplina e quella della legge n. 42/2009

 

Articolo 19, comma 1, DL n. 95/2012 Articolo 21, comma 3, legge n. 42/2009
a) organizzazione generale dell’amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo a) funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo, nella misura complessiva del 70 per cento delle spese come certificate dall’ultimo conto del bilancio disponibile alla data di entrata in vigore della presente legge
b) organizzazione generale dell’amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo d) funzioni nel campo della viabilità e dei trasporti;
c) catasto, ad eccezione delle funzioni mantenute allo Stato dalla normativa vigente;
d) Pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale, nonché la partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovracomunale; e) funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell’ambiente, fatta eccezione per il servizio di edilizia residenziale pubblica e locale e piani di edilizia nonché per il servizio idrico integrato
e) attività, in ambito comunale, di pianificazione di protezione civile e di coordinamento dei primi soccorsi;
f) l’organizzazione e la gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e la riscossione dei relativi tributi;
g) progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali ed erogazione delle relative prestazioni ai cittadini, secondo quanto previsto dall’articolo 118, quarto comma, della Costituzione; f) funzioni del settore sociale
h) edilizia scolastica, organizzazione e gestione dei servizi scolastici per la parte non attribuita alla competenze delle province; c) funzioni di istruzione pubblica, ivi compresi i servizi per gli

asili nido e quelli di assistenza scolastica e refezione, nonché l’edilizia scolastica;

i) polizia municipale e polizia amministrativa locale; b) funzioni di polizia locale;
l) tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e compiti in materia di servizi anagrafici nonché in materia di servizi elettorali e statistici, nell’esercizio delle funzioni di competenza statale.”

Da evidenziare che la funzione relativa ai servizi demografici non è, per esplicita indicazione legislativa, tra quelle oggetto necessariamente della gestione associata. Si ricorda che con le nuove scelte siamo dinanzi ad una scelta caratterizzata dal superamento dell’approccio esclusivamente finanziario a vantaggio di indicazioni che hanno un rilievo ed una natura istituzionale. In questo ambito occorrerà ben chiarire, soprattutto, cosa si intende per organizzazione generale della funzione amministrativa, generale e di controllo. Di primo acchitto il superamento del tetto per cui solamente il 30% delle risorse per la gestione di questa funzione può sfuggire dal vincolo della gestione associata sembra andare nella direzione dell’ampliamento dei margini di autonomia offerti ai singoli enti. Si pensi che, su questa base, tra le tanti possibili conseguenze sembra esservi il superamento del vincolo per cui la gestione associata del segretario doveva necessariamente coincidere con la gestione associata della intera funzione. Ed ancora, la specifica attribuzione della pianificazione urbanistica e della edilizia prefigura la necessità che tanto l’adozione dei piani quanto il rilascio dei permessi abitativi debba essere necessariamente gestito in forma associata.

La prima nota di lettura dell’Anci evidenzia che la novità di maggiore rilievo apportata dal DL n. 95/2012 alla gestione associata è l’assegnazione ai comuni fino a 1.000 abitanti di una maggiore ampiezza di opzioni per la gestione associata. Tale novità è invece messa per alcuni aspetti in discussione dal dossier del servizio studi del Senato, il quale ritiene che questa disposizione “riguarda i comuni fino a 5.000 abitanti ma sopra i 1.000”, ma chiarisce anche che questa possibilità è “alternativa” a quelle previste per tutti i comuni tenuti all’obbligo della gestione associata. La indicazione dell’Anci appare convincente perché coglie la maggiore novità della disposizione, che altrimenti sarebbe solamente un inutile restyling delle precedenti norme ed in quanto si base sulle scelte espressamente contenute nei commi 1 e 2 dell’articolo 19 del DL.

Con il nuovo testo del comma 28 bis del DL n. 78/2010 viene previsto che per i comuni fino a 1.000 abitanti rimanga in piedi la opzione della gestione associata mediante una specifica unione. Essa sarà soggetta ai vincoli del patto di stabilità a partire dal 2014. Assoggettamento da cui sfuggono invece le unioni ordinarie, cioè quelle disciplinate dal novellato articolo 32 del DLgs n. 267/2000.

I comuni fino a 1.000 abitanti hanno la possibilità di dare vita ad una unione di comuni per la gestione in forma associata non solo delle funzioni fondamentali, ma di “tutte le funzioni e tutti i servizi pubblici loro spettanti sulla base della legislazione vigente”, per cui non viene superata la opzione che caratterizzava il DL n. 138/2011, che però diventa una delle opzioni possibili. A queste unioni, che saranno disciplinate da una normativa diversa da quelle che si applicano alle unioni ordinarie, possono aderire anche comuni più grandi, i quali potranno scegliere tanto di delegare solo le funzioni fondamentali, quanto di delegare tutte le proprie attività. In particolare, a questa unione sono assegnati i compiti di adozione e gestione del bilancio, la potestà impositiva e quella patrimoniale. Essa succede ai comuni in tutti i rapporti giuridici e deve essere destinataria del trasferimento del personale e dovrà avere almeno 5.000 abitanti, che scendono a 3.000 nel caso in cui i comuni siano montani. La opzione per la partecipazione a questa unione deve essere espressa dai consigli comunali entro il mese di gennaio 2013 e comunque le regioni devono decidere entro la fine del 2013. Da sottolineare che è stata abrogata la disposizione che impegna alla revisione delle unioni esistenti, in particolare nel caso in cui ad esse aderiscano comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti. Il presidente di queste unioni deve essere necessariamente uno dei sindaci dei comuni aderenti, come nelle unioni ordinarie. Viene chiarito che le giunte decadono solamente nel caso di adesione dei comuni alle unioni speciali.

Le convenzioni, ivi comprese quelle a cui possono aderire i comuni più piccoli, sono soggette ad una condizione sospensiva: devono dimostrare al termine della loro durata, che è fissata in almeno un triennio che hanno consentito di raggiungere “significativi livelli di efficacia ed efficienza nella gestione”, sulla base di parametri che saranno individuati dal Ministro dell’Interno con un proprio decreto, sentita la Conferenza Stato città. Da sottolineare che per esse non viene fissata una soglia minima obbligatoria di abitanti.

Vengono apportate alcune rilevanti modifiche anche alla disciplina delle unioni dei comuni, attraverso la riscrittura dell’intero testo dell’articolo 32 del DLgs n. 267/2000, testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.

I principali tratti della nuova disciplina possono essere così sintetizzati:

  1. viene espressamente prevista l’unione di comuni montani che è costituita in prevalenza da comuni montani. Ricordiamo che sulla base del DLgs n. 267/2000 la comunità montana è una unione di comuni. Essa, in aggiunta ai compiti propri, è chiamata esercitare le specifiche competenze di tutela e di promozione della montagna (ex art. 44, secondo comma, Cost.) e delle leggi in favore dei territori montani, per cui sostituiscono a tutti gli effetti le comunità montane;
  2. viene ribadito in modo espresso che ogni comune può far parte di una sola unione di comuni;
  3. si aggiunge, rendendo esplicite le indicazioni dettate in via interpretativa, che le unioni possono stipulare apposite convenzioni tra loro o con singoli comuni per la gestione associata;
  4. si priva gli statuti della unione, nell’ambito della rinnovata autonomia statutaria, della competenza a dettare la individuazione e la disciplina degli organi, materia che –in analogia a quanto previsto per i comuni e le province- è disciplinato per intero dal legislatore nazionale. Gli statuti si debbono ispirare ai principi dettati per gli enti locali dal testo unico, in particolare per status degli amministratori, per l’ordinamento finanziario e contabile, per la disciplina del personale e per l’organizzazione interna;
  5. si stabilisce in modo espresso il vincolo che gli organi dell’unione sono formati, senza nuovi oneri per la finanza pubblica, da amministratori in carica dei comuni associati. In tale ambito si ribadisce che il presidente debba essere scelto tra i sindaci. E’ invece innovativo il principio per cui i componenti la giunta della unione debbano essere scelti tra quelli degli esecutivi dei comuni aderenti, cioè tra gli assessori comunali. Per impedire che vi siano oneri aggiuntivi si stabilisce il divieto della erogazione di gettoni, indennità e retribuzioni di sorta per gli amministratori della unione;
  6. viene previsto che “ove possibile”, debba essere assicurata la rappresentanza di ogni comune nel consiglio, ma verosimilmente in tutti gli organi, dell’unione;
  7. si prevede in modo esplicito che all’unione siano conferite le risorse umane e strumentali necessarie;
  8. si dispone, recependo i principi interpretativi dettati dal Dipartimento della Funzione Pubblica e dalla Corte dei Conti, che la spesa sostenuta per il personale non possa comportare, in fase di prima applicazione, il superamento della somma delle spese sostenute a tale titolo dai singoli comuni partecipanti, dopo di che si applicano i principi del contenimento di tali spese per come dettati dal legislatore in termini generali. In questo modo il legislatore garantisce il rispetto del principio di carattere generale del contenimento della spesa per il personale, ma sottolinea l’ampiezza dell’autonomia delle singole amministrazioni dei comuni e della unione, che vengono vincolate sostanzialmente alla concertazione;
  9. si ribadisce che alle unioni competono gli introiti derivanti da tasse, tariffe e contributi sui servizi da esse gestiti;
  10. si dispone l’obbligo per cui gli statuti delle unioni devono essere inviati al Ministero dell’Interno.

Viene prevista la introduzione di incentivazioni per le fusioni dei piccoli comuni. Tali incentivazioni decorrono dall’anno 2013, il che ne sottolinea il carattere pluriennale, ma senza fissare specifiche soglie e limiti minimi, anzi rimarcandone il carattere straordinario. La loro misura è da considerare elevata: tale contributo viene infatti fissato nel 20% dei trasferimenti erariali. Esso spetta per le fusioni che sono o saranno realizzate a partire dal 2012. Le modalità saranno stabilite con un decreto del Ministro dell’interno che non ha natura regolamentare. Tali contributi sostituiscono quelli previsti dal Decreto del Ministro dell’Interno n. 388/2000.

IL PERSONALE NELLA GESTIONE ASSOCIATA

A chi scrive è capitato più di una volta che le volontà politiche di dare corso a forme di gestione associata e, talvolta, addirittura dei progetti specifici si siano arenati per la ostilità più o meno dichiarata di dipendenti e responsabili. Basti pensare alle conseguenze che la gestione associata determina per la individuazione del responsabile, che non può che essere 1 e che deve prendere spesso il posto dei responsabili individuati dai singoli enti, che quindi cessano di essere individuati come titolari di posizione organizzativa e perdono, ovviamente, il relativo compenso.

Su questo aspetto si vogliono ricordare le indicazioni dettate dalle sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti della Lombardia (parere n. 426/2012) e del Piemonte (parere n. 287/2012). Si potrà determinare, come tentativo di aggiramento della volontà del legislatore finalizzata al mantenimento dello status quo, la tendenza allo “spezzettamento” dei settori, in modo da aumentare il numero dei responsabili.

Occorre quindi porsi il problema delle conseguenze che l’avvio di esperienze di gestione associata determina sul personale e sui responsabili ed avere ben chiaro il modo con cui affrontarle e con cui superare gli eventuali problemi. Ciò è assolutamente importante sul terreno strategico, perché siamo in presenza di uno dei punti di maggiore criticità; di conseguenza occorre prestare particolare attenzione anche agli aspetti formali e procedurali, per evitare che negli eventuali contrasti ci si possa basare su errori e/o disattenzioni. In tale ambito, occorre avere ben chiare anche le scelte che devono essere compiute sul terreno delle relazioni sindacali, stante la rilevante attenzione che i soggetti sindacali dedicano al tema e la loro tendenza ad ampliare ben al di là delle previsioni dettate dai contratti nazionali gli spazi di intervento.

Nella esatta individuazione del tema e dei possibili problemi che si possono determinare, occorre avere particolare attenzione alla definizione di un progetto complessivo. Esso non può che partire, come vedremo nel successivo capitolo nella parte dedicata al possibile percorso operativo, dalla definizione del fabbisogno, dalla analisi della condizione esistente e dalla definizione del percorso per arrivare alla gestione ottimale. Ovviamente tenendo presenti i vincoli dettati dal legislatore in materia di assunzioni, di spesa del personale e di spesa corrente. Nella definizione di questo percorso occorre indicare anche le soluzioni che si possono dare alla condizione esistente negli enti che aderiscono alla gestione associata. In altri termini, facendo un esempio concreto. Un gruppo di comuni decide di dare vita alla gestione associata dell’urbanistica. In questo caso, a parte le scelte strategiche sul modello da utilizzare, occorre individuare, per ciò che riguarda gli aspetti connessi alla gestione del personale, in primo luogo il fabbisogno. Quindi, sulla base del volume delle attività svolte e di quello che si immagina di dovere svolgere, si definisce la “dotazione organica” necessaria, sia in termini assoluti che con riferimento alle varie categorie ed ai vari profili professionali. In tale ambito è opportuno indicare non solo le categorie ed i profili necessari, ma anche le caratteristiche concrete, le professionalità, le competenze specifiche che le stesse devono possedere. In altri termini provvedere alla redazione di una sorta di dizionario delle competenze. Ovviamente, si deve tenere conto di tutti i fattori che incidono, a partire dalla scelta di una sede unitaria in cui concentrare tutte le attività o dal mantenimento, ad esempio differenziando il cd back office (che dovrebbe di regola essere gestito in modo unitario) dal cd front office (attività che può essere svolta anche in più sedi). Il fabbisogno teorico in termini di dotazione organica deve essere confrontato con la situazione esistente nei vari comuni, sia sulla carta che, soprattutto, in concreto. Dal confronto vengono fuori gli elementi di criticità, in termini di carenze e/o di sovrapposizioni. Il che impone la adozione di uno specifico progetto per arrivare il più rapidamente possibile alla definizione della condizione ottimale, ovviamente tenendo presenti i vincoli dettati dal legislatore per le assunzioni e la spesa del personale, nonché quelli esistenti per la riutilizzazione del personale eventualmente eccedente, nonché i temi connessi alla unificazione delle sedi, alla individuazione del responsabile, agli eventuali supporti esistenti in termini di incarichi di collaborazione, professionali, alle modalità –quali ad esempio tempi e sedi- di svolgimento delle prestazioni lavorative etc.