L’andamento del lavoro pubblico nel nostro paese, per la relazione annuale della Corte dei Conti, deve essere definito come una condizione in chiaroscuro.
Sul versante dei dati che meritano un giudizio favorevole si devono registrare “aspetti positivi riguardanti gli effetti finanziari delle misure di contenimento della spesa di personale, in taluni casi aventi valenza strutturale”. Viene annotato che “dopo un lungo andamento incrementale, la spesa del personale è ritornata una variabile sotto controllo”. Inoltre, la spesa per redditi da lavoro dipendente ed il prodotto interno lordo vede l’Italia collocata tra i paesi della Unione Europea maggiormente virtuosi. In linea con la media dei Paesi dell’unione si colloca anche il rapporto tra il numero dei pubblici dipendenti e la popolazione residente, nonché quello tra spesa di personale e spesa corrente”. In tale ambito. “i trattamenti accessori per la prima volta diminuiscono in misura più che proporzionale al loro peso sulla retribuzione complessiva”. Alla base di tale dato vi sono i ritardi nelle procedure di pagamento di questi compensi, in particolare per i dirigenti, ma soprattutto “la severa normativa sul blocco della crescita e sulle riduzione dei fondi unici di amministrazione”, cioè del fondo per le risorse decentrate.
Sul versante dei dati che meritano un giudizio negativo vengono segnalate le “perduranti debolezze e criticità che proprio i tagli lineari alla spesa ed al numero dei dipendenti hanno in parte acuito”. Viene inoltre sottolineata la condizione di “forte rischio per quanto attiene alla produttività ed all’efficienza del lavoro pubblico”: ciò è dovuto alla eccessiva anzianità del personale, alla “mancata reingenerizzazione dei procedimenti”, alla “scarsa qualificazione professionale dei dipendenti”, alla “prevalenza di una cultura giuridica, a scapito di professionalità specifiche”, alla “marginale attenzione data alla valutazione del personale e agli incentivi economici per migliorare la produttività”, ai “forti condizionamenti della politica sulla attività gestionale” ed, infine, ad “una diffusa corruzione ambientale”.