LE NOVITA’ PER LE ASSUNZIONI
Con le disposizioni dettate dal DL n. 50/2017 e dalla legge di conversione del DL n. 14/2017, legge n. 48/2017, sono aumentate le capacità assunzionali a tempo indeterminato degli enti locali e delle regioni e sono consentite, al di là dello specifico tetto di spesa, le assunzioni flessibili finanziate da sponsorizzazioni. Siamo in presenza della ennesima modifica delle regole dettate per le assunzioni di personale, cosa che sicuramente deve essere giudicata negativamente, visto che di fatto inibisce la possibilità di dare corso ad una stabile programmazione del fabbisogno. Ma in questo caso non si può mancare di sottolineare che si limitano le pesanti restrizioni esistenti. Non si può mancare di sottolineare che la sovrapposizione delle disposizioni, che spesso non sono tra di loro coordinate, solleva numerosi dubbi applicativi.

Le condizioni
In premessa si deve ricordare che le amministrazioni devono rispettare i vincoli dettati legislatore come condizione per la effettuazione di nuove assunzioni, cioè: trasmissione entro il 31 marzo della attestazione del rispetto del pareggio di bilancio nell’anno precedente (generalmente si ritiene che dell’anno in corso allo stato delle previsioni occorra rispettare questo vincolo), rispetto del tetto di spesa del personale, rispetto dei termini di approvazione del bilancio, del conto consuntivo e della trasmissione delle informazioni sui conti consolidati, attivazione della certificazione telematica dei crediti, attestazione dell’assenza di personale in sovrannumero e/o in eccedenza, adozione del piano delle azioni positive, copertura di un posto vacante in dotazione organica, rideterminazione della dotazione organica nell’ultimo triennio, inserimento nella programmazione del fabbisogno del personale, attestazione della assenza di vincitori da assumere e di idonei per lo stesso profilo. Si ritiene che la sanzione del divieto di effettuare assunzioni in caso di mancata adozione del piano delle performance non si applichi a regioni ed enti locali.
Ed ancora, si devono ricordare in premessa due ulteriori elementi: le capacità assunzionali, così come le spese per le assunzioni, devono essere sempre valutate su base annua; la mobilità in entrata di personale proveniente da amministrazioni che hanno vincoli alle assunzioni non riduce la capacità assunzionale (così come i risparmi derivanti dalla mobilità in uscita diretta ad enti che hanno vincoli alle assunzioni non aumenta le capacità assunzionali).

Le capacità assunzionali a tempo indeterminato per il 2017
Ai comuni fino a 1000 abitanti è consentito assumere dipendenti a tempo indeterminato nel tetto delle cessazioni dell’anno precedente. In molte letture è consentito, in alternativa, effettuare assunzioni a tempo indeterminato nel tetto di spesa dei cessati.
Alle unioni dei comuni ed alle comunità montane è consentito assumere dipendenti a tempo indeterminato nel tetto delle cessazioni dell’anno precedente ovvero, in alternativa, effettuare assunzioni a tempo indeterminato nel tetto di spesa dei cessati.
I comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, le unioni dei comuni e le comunità montane possono utilizzare le cessazioni che sono intervenute dal 2007 in poi e che non sono state utilizzate per finanziare nuove assunzioni.
I comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti (senza la limitazione prevista dal comma 228 della legge n. 208/2015 e smi per gli enti fino a 10.000 abitanti) possono effettuare nel 2017 assunzioni a tempo indeterminato nel tetto del 75% della spesa dei cessati nel 2016. Occorre che le amministrazioni dimostrino il rispetto del rapporto dipendenti/popolazione definito dal Decreto del Ministro dell’Interno del 10 aprile 2017 per il triennio 2017/2019 per gli enti dissestati e/o strutturalmente deficitari. Nei comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti che hanno un rapporto tra dipendenti e popolazione superiore a quello previsto da tale Decreto, nonché nelle regioni, le capacità assunzionali sono fissate nel 25% dei risparmi derivanti dalle cessazioni dell’anno precedente.

Le capacità assunzionali a tempo indeterminato per il 2018
A partire dal 2018 i comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti che rispettano il pareggio di bilancio, lasciano spazi finanziari inutilizzati inferiori all’1% delle entrate ed hanno un rapporto tra dipendenti e popolazione entro quello previsto dal Decreto del Ministro dell’Interno per gli enti dissestati potranno effettuare assunzioni a tempo indeterminato nel tetto del 90% dei risparmi derivanti dalle cessazioni dell’anno precedente.
Per i comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, le unioni dei comuni e le comunità montane (cioè gli enti che non erano soggetti al patto di stabilità) rimangono confermate le norme attualmente in vigore, quindi assunzioni entro il tetto dei cessati e/o entro il 100% del tetto di spesa dei cessati.

I resti delle capacità assunzionali del triennio precedente
Alle capacità assunzionali dell’anno si sommano nei comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti e nelle regioni quelle non utilizzate del triennio precedente (nel 2017 quindi quelle del triennio 2014/2016 e nel 2018 quelle del triennio 2015/2017), visto che il triennio precedente si calcola con scorrimento anno dopo anno.
Generalmente si ritiene che le capacità assunzionali del triennio precedente siano le seguenti:

-Anno 2014 – 60% dei risparmi delle cessazioni del 2013; 80% per gli enti con rapporto tra spesa del personale e spesa corrente inferiore al 25%;
-Anno 2015: 60% dei risparmi delle cessazioni del 2014; 100% per gli enti con rapporto tra spesa del personale e spesa corrente inferiore al 25%;
-Anno 2016: 25% dei risparmi delle cessazioni del 2015; 100% per gli enti con rapporto tra spesa del personale e spesa corrente inferiore al 25%; 75% nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti in caso di rispetto del rapporto tra dipendenti e popolazione previsto per gli enti dissestati.
-Anno 2017: si veda in precedenza.

Per la deliberazione della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Lombardia n. 23/2017 invece “bisogna prendere come riferimento la percentuale indicata per l’anno in cui si intende avviare la procedura di assunzione, a prescindere da quale fosse la percentuale indicata nell’anno a cui si riferiscono le cessazioni intervenute (ossia i c.d. resti)”, quindi le capacità assunzionali del 2017 per le assunzioni che si effettuano quest’anno e quelle del 2018 per le assunzioni che si effettueranno nel prossimo anno.
Occorre aggiungere che per la deliberazione della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Sicilia n. 68/2017, che riprende indicazioni già suggerite dalla magistratura contabile campana, non è “possibile, in assenza di una puntuale programmazione del fabbisogno del personale, utilizzare in alcun modo la capacità assunzionale derivante dal cumulo delle risorse relative alle cessazioni non utilizzate del triennio precedente; in difetto di programmazione, è ammissibile procedere alle assunzioni esclusivamente nel limite del contingente corrispondente alla spesa prevista in relazione al personale cessato l’anno precedente”.
I comuni possono utilizzare i resti delle capacità assunzionali del triennio precedente solo se nella programmazione dell’anno in cui essi sono maturati ne era previsto l’uso. E’ quanto chiarisce la deliberazione della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Sicilia n. 68/2017 (che come abbiamo appena visto ribadisce anche che i maggiori oneri per l’aumento del part time non incidono sulle capacità assunzionali delle singole amministrazioni). In tal modo si rafforza il numero di pareri delle sezioni della magistratura contabile che, a partire da quella della Campania, richiedono la necessità del rispetto di tale condizione.
Il parere parte dalla seguente considerazione: “la programmazione triennale costituisce un momento centrale nella corretta pianificazione dell’uso delle risorse pubbliche, tanto da essere considerata oramai imprescindibile, anche per l’ipotesi dell’utilizzo della capacità assunzionale derivante dal cumulo delle risorse relative alle cessazioni non utilizzate del triennio precedente. La programmazione triennale risponde, infatti, all’esigenza di un’attenta valutazione di sostenibilità finanziaria – in termini di competenza e di cassa – della relativa spesa, in considerazione del duraturo impatto sui bilanci delle amministrazioni”, soprattutto “nell’attuale fase congiunturale della finanza locale, caratterizzata da una progressiva riduzione dei trasferimenti erariali e regionali e da scarsi margini di utilizzo compensativo della leva fiscale.. E’ dunque evidente come non sia possibile, in assenza di una puntuale programmazione del fabbisogno del personale, utilizzare in alcun modo la capacità assunzionale derivante dal cumulo delle risorse relative alle cessazioni non utilizzate del triennio precedente; in difetto di programmazione, è ammissibile procedere alle assunzioni esclusivamente nel limite del contingente corrispondente alla spesa prevista in relazione al personale cessato l’anno precedente”.

Le assunzioni a tempo indeterminato dei vigili
Con la legge n. 48/2017, di conversione del DL n. 14/2017, cd sicurezza, sono state ampliate le capacità assunzionali dei comuni per i vigili.
Queste amministrazioni possono assumere vigili urbani a tempo indeterminato nel biennio 2017/2018 utilizzando nel primo anno fino allo 80% dei resti delle cessazioni dei vigili dell’anno 2016 e nel secondo anno fino al 100% dei resti delle cessazioni dei vigili nell’anno 2017, ripristinando cioè le capacità assunzionali previste dal DL n. 90/2014 per gli enti locali. La utilizzazione di queste capacità è subordinata al rispetto del pareggio di bilancio e del tetto di spesa del personale. I risparmi derivanti dalle cessazioni dei vigili così utilizzati non concorrono alla determinazione delle capacità assunzionali ordinarie dell’ente. Per cui, le amministrazioni che intendono utilizzare questi spazi assunzionali devono determinare due distinti plafond: uno per i vigili, alimentato dalle cessazioni di personale di tale profilo, ed uno per tutto il resto del personale, alimentato dalle cessazioni dei restanti dipendenti.
Le assunzioni con contratti flessibili
Le assunzioni a tempo determinato e, più in generale, con contratti flessibili possono essere effettuate nel tetto del 50% della spesa sostenuta a questo titolo nel 2009. Questo tetto sale al 100% per i comuni. Le assunzioni di dirigenti e/o responsabili e/o elevate professionalità ex articolo 110 comma 1 del D.Lgs. n. 267/2000, cioè per la copertura di posti vacanti in dotazione organica, non entrano in tale tetto di spesa. Le assunzioni flessibili, con l’eccezione di quelle di cui al comma 1 del citato articolo 110 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (D.Lgs. n. 267/2000), devono sempre essere motivate con finalità di carattere straordinario o limitato nel tempo.
Con l’articolo 22 del DL n. 50/2017 si dispone un ampliamento delle capacità assunzionali dei lavoratori stagionali da parte dei comun: queste amministrazioni possono derogare al tetto di spesa per le assunzioni flessibili nel caso in cui i relativi oneri siano interamente finanziati da soggetti privati nell’ambito di accordi di sponsorizzazione e/o di collaborazione, ai sensi dell’articolo 43 della legge n. 449/1997. Occorre inoltre rispettare in aggiunta ai vincoli dettati per le assunzioni di personale, le seguenti condizioni: le risorse devono essere state incassate da parte dei comuni; la utilizzazione di questo strumento deve essere finalizzata alla “fornitura di servizi aggiuntivi rispetto a quelli ordinari, di servizi pubblici non essenziali o di prestazioni verso terzi paganti non connessi a garanzia di diritti fondamentali”; si devono rispettare le “procedure di natura concorsuale ad evidenza pubblica”.

Le assunzioni da parte delle regioni per l’attivazione del 112
Le regioni, per consentire l’attivazione del numero unico europeo 112 per le richieste di intervento di soccorso e delle centrali operative che devono essere attivate a livello regionale, possono assumere dipendenti a tempo indeterminato utilizzando al 100% i risparmi derivanti dalle cessazioni degli anni 2016, 2017, 2018 e 2019. La utilizzazione di questa disposizione è subordinata al rispetto dei vincoli del pareggio di bilancio e possono essere realizzate entro il tetto di una unità ogni 30.000 residenti. L’attivazione delle relative procedure concorsuali è subordinata alla verifica dell’assenza nello stesso ente di personale in esubero o in mobilità avente “caratteristiche professionali adeguate alle mansioni richieste”.

L’abolizione dei voucher
Con il decreto legge n. 25 sono stati aboliti i voucher o lavoro accessorio. Per cui, a partire dalla data di entrata in vigore del DL, cioè dallo scorso 18 marzo non è più possibile acquistare i voucher. La disposizione stabilisce che quelli già acquistati a tale data possono essere utilizzati entro la fine dell’anno. Queste norme sono state convertite nella legge n. 49/2017.
Per la fase transitoria è opportuno fare riferimento alle indicazioni contenute nel messaggio Inps -Direzione Centrale Entrate e Recupero Crediti e Direzione Centrale Organizzazione e Sistemi Informativi n. 1652 dello scorso 14 aprile “Decreto legge n. 25 del 17 marzo 2017. Abrogazione della normativa in materia di lavoro accessorio. Gestione del periodo transitorio”. Il messaggio ricorda che “il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha chiarito che l’utilizzo dei buoni per prestazioni di lavoro accessorio, nel periodo transitorio sopra ricordato, dovrà essere effettuato nel rispetto delle disposizioni in materia di lavoro accessorio previste nelle norme oggetto di abrogazione da parte del decreto”.
Di conseguenza, “per tutti i buoni lavoro per i quali la procedura di acquisto si sia perfezionata entro il 17 marzo 2017 sarà possibile per i datori di lavoro procedere all’utilizzo e alla comunicazione delle prestazioni lavorative, che dovranno essere svolte non oltre il termine ultimo del 31 dicembre 2017. Non sarà possibile, invece, registrare tramite la procedura telematica del lavoro accessorio prestazioni lavorative in assenza di buoni lavoro il cui acquisto si sia perfezionato entro il 17 marzo 2017”. Non vi sono novità per la riscossione dei buoni lavoro da parte dei prestatori. Per i buoni acquistati in via telematica, l’ultima data utile dei pagamenti è sempre il 17 marzo, termine che si applica anche per i buoni lavoro acquistati dalla regione Toscana.

Il rapporto dipendenti popolazione
Con il Decreto 11 aprile il Ministero dell’Interno ha fissato il rapporto tra dipendenti e popolazione per il triennio 2017/2019 per gli enti dissestati e strutturalmente deficitari, ai sensi delle previsioni contenute nel D.Lgs. n. 267/2000. Il provvedimento prende il posto del Decreto dello stesso Ministero 14 luglio 2014, che si è applicato per il periodo 2014/2016. Sono mantenuti invariate le fasce demografiche sia del comuni che delle province, ambito nel quale sono inserite per la prima volta le città metropolitane.
Per i comuni il rapporto è il seguente (tra parentesi quello previsto per il triennio 2014/2016):

. Fino a 499 abitanti 1/59 (1/78, cioè con un aumento di poco meno del 25%)
. Da 500 a 999 abitanti 1/106 (1/103, cioè con una diminuzione di poco meno del 3%)
. Da 1.000 a 1.999 abitanti 1/128 (1/123, cioè con una diminuzione di poco meno del 4%)
. Da 2.000 a 2.999 abitanti 1/142 (1/137, cioè con una diminuzione di poco meno del 4%)
. Da 3.000 a 4.999 abitanti 1/150 (1/143, cioè con una diminuzione di poco meno del 5%)
. Da 5.000 a 9.999 abitanti 1/159 (1/151, cioè con una diminuzione di poco più del 5%)
. Da 10.000 a 19.999 abitanti 1/158 (1/145, cioè con una diminuzione di poco più dell’8%)
. Da 20.000 a 59.999 abitanti 1/146 (1/133, cioè con una diminuzione di poco meno del 9%)
. Da 60.000 a 99.999 abitanti 1/126 (1/117, cioè con una diminuzione di poco più del 7%)
. Da 100.000 a 249.999 abitanti 1/116 (1/107, cioè con una diminuzione di poco più dell’8%)
. Da 250.000 a 499.999 abitanti 1/89 (1/79, cioè con una diminuzione di poco più del 12%)
. Oltre 500.000 abitanti 1/84 (1/75, cioè con una diminuzione di poco meno del 12%).

La neutralità della mobilità volontaria
Si devono considerare neutre, per la incidenza sulle capacità assunzionali a tempo indeterminato, le mobilità volontarie disposte tra enti che hanno vincoli alle assunzioni di personale. Continuano cioè ad essere in vigore le disposizioni dettate dall’articolo 1, comma 47 della legge n. 311/2004. In questa direzione vanno le indicazioni della deliberazione della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Liguria n. 37/2017.
La citata disposizione stabilisce “che le assunzioni di personale mediante la procedura di mobilità prevista dall’art. 30 del D.Lgs. n. 165/2001 non incidono sui contingenti assunzionali previsti dalla legge per le assunzioni dall’esterno.. la procedura di mobilità non determina, a livello di comparto pubblico, alcun aumento complessivo della spesa di personale che rimane immutata nel suo ammontare verificandosi solo uno spostamento di personale da un’amministrazione ad un’altra e, conseguentemente, non ha incidenza sulle capacità assunzionali degli Enti”.
L’applicazione di questo precetto è assoggettato a 2 vincoli: il “rispetto delle disposizioni sulle dotazioni organiche nonché il rispetto del patto di stabilità interno per l’anno precedente (pareggio di bilancio 2016)”. Il ricorso questa procedura si doveva inoltre considerare inibito in presenza del vincolo all’assorbimento del personale in sovrannumero degli enti di area vasta. Occorre che l’ente rispetti “i limiti generali disposti dalla normativa ossia il pareggio di bilancio e il tetto massimo alla spesa di personale”.

IL FONDO E LA SPESA DEL PERSONALE DELL’ANNO 2017
Con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri è arrivata una prima quantificazione degli incrementi che le amministrazioni locali e regionali devono inserire nel bilancio preventivo del 2017 e del 2018 per il finanziamento dei rinnovi contrattuali e, insieme a ciò, viene disposta la correzione degli incrementi che dovevano essere inseriti allo stesso titolo nel bilancio del 2016. Tale quantificazione appare del tutto inadeguata rispetto alla esigenza di garantire aumenti contrattuali medi che nel triennio 2016/2018 devono arrivare ad 85 euro mensili sulla base della intesa tra Governo e sindacati. Con lo schema di decreto legislativo attuativo della delega conferita dalla legge n. 124/2015, cd riforma Madia, per la revisione del D.Lgs. n. 165/2001, il fondo del 2016 dovrebbe diventare il tetto dei fondi dei prossimi anni, mentre è prevista la scomparsa del vincolo della riduzione del fondo.
Alla luce del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e delle proposta di riforma del D.Lgs. n. 165/2001 le amministrazioni regionali e locali hanno a propria disposizione delle prime indicazioni chiare sulle somme da inserire nei bilanci preventivi per finanziare i rinnovi contrattuali e sulla quantificazione del fondo per la contrattazione decentrata dell’anno 2017. Gli elementi contenuti in questi documenti sono sicuramente ancora insufficienti per dare una certezza completa alle amministrazioni, ma contengono numerosi spunti operativi assai importanti ed utili, indicando dei valori di riferimento.

Gli aumenti per il rinnovo dei contratti nazionali
La legge n. 232/2016, cd di bilancio 2017, ha stanziato le risorse necessarie per il finanziamento dei rinnovi contrattuali nelle amministrazioni statali, prevedendo una cifra al cui interno sono anche previsti gli oneri per il finanziamento di nuove assunzioni nelle amministrazioni dello Stato, gli oneri per il reinquadramento di personale delle forze armate, di polizia e dei vigili del fuoco e quelli per il funzionamento della autonomia scolastica. Sulla base di queste cifre, che devono essere determinate con uno specifico Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, vengono determinati anche gli oneri aggiuntivi per i rinnovi contrattuali nelle amministrazioni pubbliche non statali, a partire da regioni ed enti locali. Tali oneri sono così fissati nel DPCM con riferimento al monte salari dell’anno 2015, per come lo stesso è stato quantificato e comunicato alla Ragioneria Generale dello Stato con il conto annuale trasmesso entro il 31 maggio dello scorso anno 2016:

–  0,36% per l’anno 2016;
– 1,09% per l’anno 2017;
– 1,45% per l’anno 2018.

Tali incrementi devono essere calcolati al netto degli oneri necessari per la erogazione della indennità di vacanza contrattuale nella misura fissata nel 2010 e devono essere maggiorati degli oneri contributivi ai fini previdenziali e dell’Irap.
Si deve subito evidenziare che tali aumenti non si sommano tra loro, ma che quello del 2017 assorbe gli aumenti del 2016 e che quello del 2018 assorbe gli aumenti del 2017 e del 2016.
Un ulteriore elemento che deve essere messo subito in rilievo è che il DPCM del 18 aprile 2016, emanato in attuazione del comma 469 della legge n. 208/2015, cd di stabilità 2016, aveva disposto l’aumento per l’anno 2016 del costo del personale a seguito dei rinnovi contrattuali nella cifra dello 0,4% del monte salari 2015, cifra che viene corretta in lieve diminuzione con questo nuovo provvedimento.
Occorre evidenziare che l’aumento disposto per l’anno 2016 va nei fondi a destinazione vincolata e, qualora non sia stato previsto dall’ente, esso deve essere previsto nel 2017 in aggiunta agli aumenti previsti dal nuovo DPCM.
Si deve evidenziare che questi oneri vanno, ai sensi delle previsioni di cui ai commi 557 e 562 e smi della legge n. 296/2006, in deroga al tetto di spesa del personale utile per dimostrare che non è stata superata la soglia fissata dal legislatore, cioè la spesa media del triennio 2011/2013 per gli enti che erano soggetti al patto di stabilità e quelle del 2008 per le amministrazioni che non erano soggette al patto di stabilità.
In conclusione non si può mancare di evidenziare che queste risorse sembrano essere largamente insufficienti a finanziare i maggiori oneri derivanti dai rinnovi contrattuali, maggiori oneri che per le regioni e gli enti locali –calcolando gli aumenti nella misura media di 85 euro mensili, come da intesa Governo sindacati del 30 novembre 2016- possono essere stimati per il triennio 2016/2018, cioè l’arco di validità del contratto- in una cifra che orientativamente si aggira intorno al 3,8% del monte salari del 2015, mentre con questi aumenti si arriva a meno della metà di tale cifra. Del che è prudente comunque tenere conto nella predisposizione dei bilanci preventivi.

Il fondo per la contrattazione decentrata
Sulla base delle previsioni dettate dal comma 236 della legge di stabilità del 2016, legge n. 208/2015, il fondo per la contrattazione decentrata non deve superare l’ammontare di quello del 2015 e deve essere ridotto in misura proporzionale alla diminuzione del personale in servizio, tenendo conto di quello assumibile. Tale previsioni si applicano fino alla emanazione dei D.Lgs. attuativi della riforma della dirigenza e delle disposizioni sul lavoro pubblico: come chiarito dalla deliberazione n. 6/2017 della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Puglia questi vincoli sono ancora in vigore. Di conseguenza, una amministrazione che oggi costituisca il fondo per le risorse decentrate deve darvi concreta applicazione.
Con lo schema di decreto legislativo attuativo della legge n. 124/2015 in materia di riforma del testo unico delle leggi sul pubblico impiego, viene previsto che nelle more del processo di “progressiva armonizzazione dei trattamenti economici accessori” del personale delle PA, l’ammontare dei fondi per la contrattazione decentrata non debba superare quello dell’anno 2016. E che regioni ed enti locali, all’interno di tale tetto e nel rispetto dei vincoli dettati per la spesa del personale, possano destinare risorse aggiuntive alla parte variabile del fondo, risorse che sono finalizzate all’attivazione di servizi, a processi di riorganizzazione ed al “relativo mantenimento”. Da sottolineare che lo schema di decreto legislativo prevede espressamente che, con l’entrata in vigore di questa disposizione, sia abrogato il comma 236 della legge n. 208/2015, cd di stabilità 2016.
Quindi, è probabile che nei prossimi mesi noi avremo il vincolo di non superare il fondo dell’anno 2016, mentre scomparirà quello di diminuire il fondo in relazione alla diminuzione del personale in servizio. E che, vista l’assenza di una disposizione specifica per l’anno in corso, questa sia la regola da applicare già al 2017. In altri termini, scomparirà il vincolo alla riduzione del fondo in relazione alla diminuzione del personale in servizio, mentre sarà consolidata l’apposizione di un tetto alla consistenza del fondo, tetto che viene determinato con riferimento all’anno in cui lo stesso è nella gran parte delle amministrazioni più basso, cioè al 2016.
Sul terreno operativo non si può non evidenziare che le amministrazioni che danno oggi corso alla costituzione del fondo devono restare all’interno del tetto di quello del 2015 e dare corso alla sua riduzione in relazione alla diminuzione dei dipendenti, tenendo conto del personale assumibile. Ma che, con ogni probabilità nel corso del 2017, esse dovranno restare all’interno del fondo del 2016 (quindi in molti casi con un tetto più basso del 2015), ma non dovranno dare corso a riduzioni per la eventuale diminuzione del personale in relazione a quello assumibile. Cioè, in molte realtà si dovrà dare corso ad un aumento del fondo 2017 eventualmente costituito e, comunque, in ogni caso alla sua revisione.
Sulla base delle indicazioni della circolare della RGS sul conto annuale del personale, la riduzione del fondo per la diminuzione del personale deve tenere conto del personale assumibile al di là della effettiva assunzione.

L’incremento del fondo per le disposizioni previste da specifiche norme di legge
Le risorse previste da specifiche norme di legge possono essere inserite nella parte variabile del fondo anche da parte delle amministrazioni che non hanno rispettato il patto di stabilità. Si deve pervenire a questa conclusione in quanto non siamo in presenza di risorse aggiuntive rimesse alla sfera della discrezionalità delle amministrazioni. In questa direzione vanno le indicazioni contenute nella deliberazione della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Liguria n. 31/2017.
Leggiamo nel parere che la norma, “allorché subordina la possibilità per gli enti di destinare risorse aggiuntive alla contrattazione integrativa al rispetto degli indicati parametri di virtuosità, si riferisce alle decisioni che disposizioni normative o di contrattazione collettiva nazionale rimettono alla discrezionalità di ciascuna amministrazione e con le quali questa può disporre in ordine alla propria generica capacità di bilancio. La norma, in sostanza, preclude senz’altro l’esercizio di tale facoltà in caso di ente inadempiente agli obblighi del patto di stabilità, come misura logicamente intesa a contribuire a ricondurne la gestione finanziaria entro i previsti vincoli di finanza pubblica .. non rientrano tra le risorse aggiuntive in questione quelle previste e destinate alla contrattazione integrativa direttamente da specifiche disposizioni di legge, senza che al riguardo siano lasciati margini di discrezionalità alle singole amministrazioni”. Queste deroghe si applicano alle “somme derivanti dall’applicazione dell’articolo 43 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 in materia di contratti di sponsorizzazione, accordi di collaborazione e convenzioni, stipulati da pubbliche amministrazioni per favorire l’innovazione dell’organizzazione amministrativa e realizzare maggiori economie e una migliore qualità dei servizi prestati”, “le risorse che finanziano i compensi per l’avvocatura interna (v. articolo 9, decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114), per la progettazione di opere pubbliche da parte di personale interno (v. articolo 92, comma 5, decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163), nonché l’incentivazione del personale addetto all’attività di controllo e recupero dell’imposta comunale sugli immobili-ICI (v. articolo 59, comma 1, lett. p), decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446)”. Il parere ci ricorda infine che “il Comune è in ogni caso tenuto all’integrale applicazione dei limiti e vincoli finanziari che la legislazione nazionale ha previsto con riferimento all’ammontare dei fondi per il trattamento accessorio del personale delle pubbliche amministrazioni, specialmente di quelli contenuti nell’articolo 9, comma 2-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, come definito nelle sue linee applicative in particolare dalla deliberazione delle Sezioni riunite in sede di controllo n. 51/2011”.

L’INCENTIVAZIONE DELLE FUNZIONI TECNICHE
Gli incentivi per le funzioni tecniche entrano nel tetto del fondo per la contrattazione decentrata: è questa la indicazione dettata dalla deliberazione della sezione autonomie della Corte dei Conti n. 7/2017, che è stata pubblicata lo scorso 6 aprile.
La deliberazione afferma il seguente principio di diritto: “Gli incentivi per funzioni tecniche di cui all’articolo 113, comma 2, d.lgs. n. 50/2016 sono da includere nel tetto dei trattamenti accessori di cui all’articolo 1, comma 236, l. n. 208/2015 (legge di stabilità 2016)”.
Sono assai rilevanti le conseguenze sulla costituzione dei fondi per la contrattazione decentrata, a partire da quelli del 2015 e del 2016, che rappresentano rispettivamente la base del fondo del 2017 e la nuova base per i fondi degli anni successivi, ma anche per la estrema variabilità di tale voce e per i suoi possibili effetti sulle altre forme di incentivazione del personale. Occorre inoltre chiarire gli effetti sul calcolo del tetto alla spesa del personale, cioè se queste risorse possano continuare ad essere considerate in deroga al tetto di queste voci ai sensi del comma 557 della legge n. 296/2006.

Il tetto al fondo
In premessa la deliberazione ribadisce che le norme oggi in vigore, sono da considerare come “sostanzialmente sovrapponibili” con i vincoli dettati dall’articolo 9, comma 2 bis, del DL n. 78/2010, che ricordiamo hanno disposto per gli anni dal 2011 al 2014 la fissazione del tetto 2010 al fondo per la contrattazione collettiva decentrata integrativa, nonché la necessità della sua riduzione in misura proporzionale alla diminuzione del personale in servizio.
Occorre al riguardo considerare, ci dice la deliberazione, che “gli aspetti innovativi della nuova formulazione – essenzialmente riferiti al richiamo alle perduranti esigenze di finanza pubblica, alla prevista attuazione dei decreti legislativi attuativi della riforma della pubblica amministrazione, alla considerazione anche del personale assumibile e all’assenza di una previsione intesa a consolidare nel tempo le decurtazioni al trattamento accessorio – non incidono sulla struttura del vincolo di spesa, come già evidenziato da questa Sezione (deliberazione n. 34/SEZAUT/2016/)”.
Dobbiamo al riguardo aggiungere che queste disposizioni sono da considerare ancora in vigore, per come precisato anche dalla sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Puglia, deliberazione n. 6/2016. E che continueranno ad essere in vigore fino alla entrata in vigore del D.Lgs. di riforma delle leggi sull’ordinamento del pubblico impiego in applicazione della legge n. 124/2015, entrata in vigore prevista alla fine della primavera di quest’anno. Lo schema predisposto dal Governo stabilisce che i fondi per la contrattazione decentrata non dovranno superare quello del 2016 ed abolisce il vincolo della riduzione in misura proporzionale alla diminuzione del personale in servizio.

La inclusione nel tetto del fondo
La deliberazione richiama le indicazioni dettate dalle sezioni riunite di controllo della magistratura contabile nella deliberazione n. 51/2011, che ha escluso dal tetto del fondo per la contrattazione decentrata le risorse derivanti dalle previsioni del D.Lgs. n. 163/2006 e destinate alla incentivazione per la realizzazione di opere pubbliche in quanto si tratta “di “prestazioni tipiche di soggetti individuati e individuabili le quali potrebbero essere acquisite anche attraverso il ricorso a personale estraneo all’amministrazione pubblica con possibili costi aggiuntivi .. compensare prestazioni professionali afferenti ad attività sostanzialmente finalizzata ad investimenti”.

Le ragioni della inclusione nel tetto del fondo
La deliberazione chiarisce subito che la incentivazione delle funzioni tecniche di cui all’articolo 113 del D.Lgs. n. 50/2016 “non è sovrapponibile all’incentivo per la progettazione di cui all’art. 93, comma 7-ter, d.lgs. n. 163/2006, oggi abrogato”. Basta ricordare che “tale compenso va a remunerare specifiche e determinate attività di natura tecnica svolte dai dipendenti pubblici, tra cui quelle della programmazione, predisposizione e controllo delle procedure di gara e dell’esecuzione del contratto escludendo l’applicazione degli incentivi alla progettazione”, cioè la forma di incentivazione principale per la normativa precedentemente in vigore. Mentre gli oneri per la progettazione e le altre attività tecniche “fanno carico” al quadro economico dell’opera.
Inoltre, deve essere ricordato che questo “compenso incentivante riguarda non soltanto lavori, ma anche servizi e forniture”.
Da qui la seguente conclusione: si deve ritenere che “nei nuovi incentivi non ricorrono gli elementi che consentano di qualificare la relativa spesa come finalizzata ad investimenti; il fatto che tali emolumenti siano erogabili, con carattere di generalità, anche per gli appalti di servizi e forniture comporta che gli stessi si configurino, in maniera inequivocabile, come spese di funzionamento e, dunque, come spese correnti (e di personale)”. Tale conclusione è ulteriormente rafforzata dalla considerazione che “non si ravvisano gli ulteriori presupposti delineati dalle Sezioni riunite (nella richiamata delibera n. 51/2011), per escludere gli incentivi di cui trattasi dal limite del tetto di spesa per i trattamenti accessori del personale dipendente in quanto essi non vanno a remunerare prestazioni professionali tipiche di soggetti individuati e individuabili acquisibili anche attraverso il ricorso a personale esterno alla P.A.”. Ed inoltre ci viene detto che appare “evidente l’intento del legislatore di ampliare il novero dei beneficiari degli incentivi in esame, individuati nei profili, tecnici e non, del personale pubblico coinvolto nelle diverse fasi del procedimento di spesa, dalla programmazione (che nel nuovo codice dei contratti pubblici, all’art. 21, è resa obbligatoria anche per l’acquisto di beni e servizi) all’esecuzione del contratto. Al contempo, la citata disposizione richiama gli istituti della contrattazione decentrata, il che può essere inteso come una sottolineatura dell’applicazione dei limiti di spesa alle risorse decentrate”.

L’incentivazione dei progettisti
Occorre richiamare quanto testualmente affermato dalla deliberazione sulla incentivazione dei progettisti, dei direttori dei lavori e delle altre attività tecniche connesse alla realizzazione di opere pubbliche: “risultano assolutamente salvaguardati i beneficiari dei pregressi incentivi alla progettazione i quali sono oggi remunerati con un meccanismo diverso dalla ripartizione del fondo. Infatti, per le spese di progettazione, di direzione dei lavori o dell’esecuzione, di vigilanza, per i collaudi tecnici e amministrativi, le verifiche di conformità, i collaudi statici, gli studi e le ricerche connessi, la progettazione dei piani di sicurezza e di coordinamento e il coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione ove previsti dalla legge, si provvede con gli stanziamenti previsti per la realizzazione dei singoli lavori, a norma dell’art. 113, comma 1, D.Lgs. n. 50/2016. In tal senso, deve essere apprezzato l’intento chiarificatore del legislatore delegato”. Dal che se ne deve trarre la conclusione che le incentivazioni di queste figure sono possibili attraverso l’affidamento di incarichi professionali, con i limiti che sono posti all’affidamento di tali incarichi ai dipendenti e/o dirigenti dello stesso ente.

Le conseguenze sul fondo
Siamo in presenza di una interpretazione che incide in misura assai rilevante sulla costituzione dei fondi per la contrattazione decentrata. In primo luogo, è evidente che la inclusione dei relativi oneri nel tetto del fondo del 2017 determina un effetto di suo aumento che in molte realtà può determinare l’esito del superamento del tetto del fondo del 2015. La soluzione è data dalla necessità di dare corso alla applicazione del principio di carattere generale della omogeneità delle basi di confronto, per cui appare necessaria la rivisitazione dei fondi del 2015 e del 2016 in modo da includervi queste risorse. A parere di chi scrive tale soluzione è immediatamente applicabile.
Conseguenze di rilevante difficoltà derivano per la costituzione dei fondi in relazione alla variabilità di tali risorse: se nel corso di un anno esse aumentano rispetto a quelle inserite nel fondo del 2015 o del 2016 (una volta che la base di calcolo del fondo per i prossimi anni sarà dato da tale anno), si dovrà procedere ad un taglio delle altre voci che alimentano il fondo? Mentre appare ipotizzabile che se, viceversa, tali risorse diminuiranno, l’ente non potrà procedere alla utilizzazione degli spazi finanziari ulteriori aperti da tale calo. Appare inoltre evidente, a questo punto, che le modalità di quantificazione dell’inserimento di queste risorse nel fondo dovrà essere definita in modo preciso, dettando le regole operative per la inclusione in esso solamente delle quote che possono essere erogate effettivamente e non di quelle che astrattamente possono essere previste.
Si deve sottolineare infine che, sulla base delle indicazioni dettate dalla deliberazione, viene ribadito che le risorse per la incentivazione dei tecnici entrano nella spesa del personale: occorre chiarire se vi sono i presupposti che esse continuino a restare in deroga al tetto della spesa del personale, ai sensi del comma 557 della legge n. 296/2006, o se entrano in tale tetto in considerazione della loro mutata natura.

Le previsioni del correttivo del codice degli appalti
Con il decreto legislativo cd correttivo del codice degli appalti vengono introdotte alcune modifiche alle disposizioni dettate dall’articolo 113 del D.Lgs. n. 50/2016 in materia di incentivo delle funzioni tecniche. Anche queste disposizioni entreranno in vigore decorsi 15 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, come il resto del provvedimento.
In primo luogo, con una modifica al comma 1, viene chiarito che gli incentivi delle funzioni tecniche si applicano anche ai “singoli appalti di forniture e servizi”, oltre che a quelli di lavori pubblici. Siamo in presenza della formalizzazione di un orientamento interpretativo che si era consolidato.
Viene riscritto il comma 2. Gli elementi di maggiore rilievo sono i seguenti:
a) sono incentivabili “le funzioni tecniche svolte dai dipendenti delle stesse esclusivamente per le attività di programmazione della spesa per investimenti, di valutazione preventiva dei progetti, di predisposizione e di controllo delle procedure di gara e di esecuzione dei contratti pubblici, di RUP, di direzione dei lavori ovvero direzione dell’esecuzione e di collaudo tecnico amministrativo ovvero di verifica di conformità, di collaudatore statico ove necessario per consentire l’esecuzione del contratto nel rispetto dei documenti a base di gara, del progetto, dei tempi e costi prestabiliti”. Sulla base di questa disposizione abbiamo una sostanziale conferma delle previsioni contenute nel testo originario del D.Lgs. n. 50/2016 per la individuazione delle figure che possono essere incentivate, con la formalizzazione della inclusione delle attività svolte per gli appalti di forniture e di servizi;
b) viene stabilito che il fondo fino al 2% dell’importo posto a base di gara “non è previsto da parte di quelle amministrazioni aggiudicatrici per le quali sono in essere contratti o convenzioni che prevedono modalità diverse per la retribuzione delle funzioni tecniche svolte dai propri dipendenti”. Siamo in presenza di una disposizione innovativa, che peraltro è stata introdotta nel testo definitivo del decreto e che limita l’ambito di applicazione della incentivazione;
c) si introduce la previsione per cui “gli enti che costituiscono o si avvalgono di una centrale di committenza possono destinare il fondo o parte di esso ai dipendenti di tale centrale”. Occorre ricordare che il comma 5, non modificato dal nuovo codice prevede che “per i compiti svolti dal personale di una centrale unica di committenza nell’espletamento di procedure di acquisizione di lavori, servizi e forniture per conto di altri enti, può essere riconosciuta, su richiesta della centrale unica di committenza, una quota parte, non superiore ad un quarto, dell’incentivo previsto dal comma 2”. Di conseguenza, abbiamo un richiamo che chiarisce che siamo in presenza di una possibilità e non di un vincolo, anche se pare difficile evitare tale forma di remunerazione, mentre vi è autonomia nella fissazione della misura, entro il tetto del 25% del totale delle somme destinate alla incentivazione delle funzioni tecniche”;
d) si introduce la seguente previsione: “La disposizione di cui al presente comma si applica agli appalti relativi a servizi o forniture nel caso in cui è nominato il direttore dell’esecuzione”. Siamo in presenza di una disposizione inedita, per la quale si determina una limitazione dell’ambito di applicazione dell’incentivo per le funzioni tecniche nel caso di appalti di forniture e servizi.

Le scelte organizzative
Le amministrazioni locali, al pari di tutte le PA, devono dare corso alla adozione di un regolamento ed alla contrattazione decentrata integrativa per la disciplina delle incentivazioni delle funzioni tecniche. In assenza di tali documenti gli enti non possono provvedere, per le attività svolte successivamente al 18 aprile 2016, cioè alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 50/2016, cd nuovo codice degli appalti, alla incentivazione del personale.
Come chiarito in modo univoco dalle sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti siamo in presenza di una disciplina che si applica agli appalti di forniture, lavori e servizi. Ex pluris la deliberazione della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti dell’Emilia-Romagna n. 118/2016 ci dice espressamente che è da considerare acquisito che “la disposizione in esame si applichi a tutte e tre le tipologie di contratti pubblici di appalti: lavori, servizi e forniture. Le considerazioni sulle quali si fonda la soluzione positiva del quesito in esame risiedono essenzialmente nella circostanza che se la ratio della disposizione legislativa di cui all’art. 113 del D.Lgs. n. 50/2016 e del criterio direttivo di delega deve essere individuata nella previsione di un compenso incentivante per stimolare una più attenta gestione delle fasi della programmazione e dell’esecuzione dei contratti pubblici di appalto, il predetto emolumento può essere riconosciuto sia per gli appalti di lavori, sia per quelli di servizi e forniture, in quanto per tutte e tre le predette tipologie di contratti pubblici è prevista e disciplinata dal codice degli appalti sia la fase della programmazione (cfr. art 21 D.Lgs. n. 50/2016) sia quella dell’esecuzione (cfr., in particolare, l’art. 101 D.Lgs. n. 50/2016). A tali considerazioni si aggiunga, inoltre, che sia l’inserimento delle verifiche di conformità, che rappresentano le modalità di controllo dell’esecuzione dei contratti di appalto di servizi e forniture (cfr. art. 102, comma 2, D.Lgs. n. 50/2016) nel secondo comma dell’articolo 113 tra le attività incentivabili, sia la menzione espressa nel comma 3 dei servizi e delle forniture, costituiscono ulteriori elementi dai quali far discendere che la voluntas legis sia stata quella di remunerare anche specifiche attività di natura tecnica (i.e. quelli elencate nell’articolo 133, comma 2, D.Lgs. n. 50/2016) dei contratti di appalto di servizi e forniture”.
Le eccezioni devono risultare in modo incontrovertibile dalla volontà del legislatore: tra queste si possono indicare i servizi relativi alla cura del patrimonio dell’ente locale ed i servizi finanziari relativi all’emissione, all’acquisto, alla vendita e al trasferimento di titoli o di altri strumenti finanziari.
Le figure incentivabili sono significativamente cambiate. Sulla base delle nuove disposizioni introdotte dal citato D.Lgs. n. 50/2016, esse sono individuate nei dipendenti che svolgono le seguenti attività:

1) programmazione della spesa per investimenti,
2) verifica preventiva dei progetti di predisposizione e di controllo delle procedure di bando e di esecuzione dei contratti pubblici,
3) responsabile unico del procedimento,
4) direzione dei lavori ovvero direzione dell’esecuzione e di collaudo tecnico amministrativo ovvero di verifica di conformità,
5) di collaudatore statico ove necessario per consentire l’esecuzione del contratto nel rispetto dei documenti a base di gara, del progetto, dei tempi e costi prestabiliti;
6) si deve aggiungere la incentivazione del personale delle centrali uniche di committenza.

Come si vede, il legislatore ha scelto di non dare più corso alla incentivazione della progettazione di opere pubbliche, attività che quindi non può più essere incentivata.
Occorre ribadire che, come già previsto dalle modifiche apportate dal DL n. 90/2014 al testo del D.Lgs. n. 163/2006, non possono essere incentivate le attività svolte dai dirigenti delle pubbliche amministrazioni.
I regolamenti delle amministrazioni devono inoltre prevedere delle penalizzazioni nel caso di ritardi nella esecuzione dei lavori, delle forniture e dei servizi, nonché nel caso in cui i costi superino quelli preventivati.
Altro elemento da avere ben chiaro è che il legislatore fissa il tetto massimo per questi compensi nella misura del 2% dell’importo posto a base d’asta. Entro tale tetto massimo occorre riservare una quota del 20% da destinare al miglioramento dei servizi erogati dall’ente. Spetta alle singole amministrazioni stabilire la misura del compenso da riconoscere complessivamente. Gli enti, sulla base del dettato legislativo, devono tenere conto al riguardo della complessità e del volume finanziario, per cui non solo possono, ma sono obbligati a prevedere delle differenziazioni.
Si deve ricordare che alla contrattazione collettiva decentrata integrativa spetta unicamente la disciplina della ripartizione dei compensi tra le varie figure professionali individuate dalla norma, nonché la eventuale correlazione con il trattamento economico accessorio legato alle performance. Avendo, per questa ultima cura, sulla scorta dei principi fissati dal giudice del lavoro di Lecce e dall’Aran, di non fare scendere la misura della indennità di risultato al di sotto del 10% della retribuzione di posizione, in quanto tale soglia minima è fissata dalla contrattazione nazionale ed è materia indisponibile per la contrattazione decentrata.

L’attribuzione alle posizioni organizzative
Gli incentivi per le funzioni tecniche di cui all’articolo 113 del D.Lgs. n. 50/2016 spettano anche ai titolari di posizione organizzativa. E’ quanto chiarisce l’Aran con un proprio parere. Si deve pervenire a questa conclusione sulla base della considerazione che le nuove disposizioni prendono il posto delle precedenti incentivazioni per la realizzazione di opere pubbliche e, quindi, si continuano ad applicare le regole dettate con riferimento a tali compensi.
Leggiamo testualmente che “i compensi di cui all’articolo 113 del D.Lgs. n. 50/2016, possono essere riconosciuti anche ai titolari di posizione organizzativa, in quanto, anche se diversi nei presupposti e nei soggetti destinatari da quelli dell’articolo 92 del D.Lgs n. 163/2006, si tratta comunque di incentivi per funzioni tecniche, volti sempre a premiare particolari attività tese ad assicurare l’efficacia della spesa e la corretta realizzazione della spesa”. Ed infine si prende atto della integrale abrogazione della precedente normativa e della sua sostituzione con quella dettata dal citato articolo del nuovo codice degli appalti.

Il finanziamento con spesa per investimenti
Per la deliberazione della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti del Veneto n. 134/2017 i compensi incentivanti le funzioni tecniche spettano per gli appalti di forniture e servizi, anche se non sono finanziati con spesa per investimento e non spettano invece per la semplice programmazione biennale degli acquisti di beni e servizi. 
Ci viene detto nel parere che occorre ritenere che “il riferimento agli stanziamenti previsti per la realizzazione dei singoli lavori debba intendersi come comprensivo anche degli stanziamenti previsti per il singolo servizio e la singola fornitura. Se, come appare chiaro, la norma estende gli incentivi anche agli appalti di servizi e forniture, non può non farne gravare gli oneri sugli stanziamenti che finanziano le relative procedure”. Le disposizioni lasciano “intendere chiaramente che esiste una correlazione tra gli oneri previsti per lo svolgimento delle funzioni tecniche, gli stanziamenti che finanziano la specifica opera, servizio o fornitura e la composizione ed entità del fondo”.
Non si possono comprendere nell’ambito delle attività incentivabili quelle svolte per la programmazione degli acquisti di beni e servizi. Leggiamo testualmente che “la predisposizione del programma biennale degli acquisti di beni e servizi, benché coincidente parzialmente con l’attività di programmazione della spesa di investimento, all’evidenza, non si identifica con essa, presentando un contenuto ulteriore, che attiene alla programmazione della spesa corrente (quella impiegata per l’acquisto dei servizi, in generale, e dei beni diversi da quelli descritti dall’art. 3, comma 18, lett. c) della Legge n. 350/2003). Non trattandosi di un’attività assimilabile ad alcuna di quelle contemplate dall’art. 113, questa Sezione ritiene che nessun compenso incentivante possa essere riconosciuto per lo svolgimento della stessa.”

La successione temporale delle norme
La deliberazione della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Basilicata n. 22/2017 detta le regole da seguire per la incentivazione delle opere pubbliche avviate prima della entrata in vigore del D.Lgs. n. 50/2016, chiarendo che in questo caso si devono applicare le disposizioni dettate dalla norma in vigore al momento in cui l’opera è stata approvata.
La stessa sezione nella deliberazione n. 3/2015 ha detto che si deve assumere che “la disciplina che regola l’incentivo (allora destinato alla progettazione) fosse quella vigente al momento in cui l’opera era stata approvata. Ciò nel senso che l’obbligo di prestare l’attività richiesta e, per corrispettivo, l’obbligo di pagare l’incentivo, dovessero essere regolati secondo la disciplina vigente nel momento genetico in cui tali obblighi sono stati assunti.. l’approvazione dell’opera o del lavoro”. Per la deliberazione della sezione autonomie della Corte dei Conti n. 11/2015, questo momento deve essere fissato nella “esecuzione della prestazione, secondo il principio tempus regit actum”.
La sezione di controllo della Corte dei Conti della Basilicata assume che non vi sia un contrasto tra queste disposizioni.
Ci viene detto che:

1)“la disciplina regolante l’incentivo alla progettazione resta quella vigente al momento in cui l’opera è stata inserita nei documenti di programmazione, indipendentemente dal momento in cui le prestazioni incentivate vengono in concreto poste in essere”;
2)per la fase transitoria: “quanto alle opere già approvate e in corso di realizzazione alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 50/2016, l’adempimento della obbligazione pecuniaria (il pagamento), seppure oggetto di uno speciale procedimento amministrativo e contabile, non è impedito dal principio tempus regit actum per la ragione che: i) trattasi di rapporto obbligatorio di natura privatistica; ii) l’esclusione dell’incentivo alla progettazione è espressamente riferita alle procedure di gara non ancora attivate al momento dell’entrata in vigore della novella legislativa; iii) il pagamento non trova un chiaro e univoco divieto in alcuna disposizione di legge posta in rassegna da questa Sezione, né è precluso da altre disposizioni che impediscano il compimento di tale atto, al tempo in cui deve essere posto in essere”.