Vengono apportate dalla legge n. 56/2019, cd concretezza, due importanti modifiche,
rispettivamente di ampliamento ed allungamento, della possibilità di maturare una
esperienza lavorativa nel settore privato e di potere mantenere il proprio posto nel caso di
avvio di nuove attività imprenditoriali o professionali. E’ del tutto evidente la volontà di
stimolare le forme di interscambio tra i dipendenti ed i dirigenti pubblici da una parte e le
attività del settore privato dall’altro.
La prima modifica è apportata all’articolo 23 bis del d.lgs. n. 165/2001. Non più solamente
i dirigenti, ma adesso anche i dipendenti pubblici hanno la possibilità di collocarsi in
aspettativa non retribuita in caso di assunzione da parte di un privato. Viene ribadito che
siamo in presenza di un diritto al collocamento in aspettativa e che lo stesso può essere
negato solamente in presenza di un “motivato diniego dell’amministrazione di
appartenenza in ordine alle proprie preminenti esigenze organizzative”. Occorre quindi
una adeguata e convincente motivazione. Siamo in presenza di una aspettativa senza
assegni e che dà diritto al “mantenimento della qualifica posseduta”. La disposizione
continua a prevedere che la durata massima di tale periodo sia di 5 anni nel corso della
vita lavorativa, ma introduce anche la possibilità di proroga per una volta sola e per un
periodo massimo di altri 5 anni. Occorre aggiungere che rimane ferma la possibilità per le
PA di assegnare temporaneamente dei propri dipendenti, con il loro consenso, sia presso
altri soggetti pubblici che presso soggetti privati: tale possibilità è utilizzabile
esclusivamente “per singoli progetti di interesse specifico dell’amministrazione”.
L’altra disposizione è quella che consente ai dipendenti pubblici di essere collocati in
aspettativa “per avviare attività professionali e imprenditoriali”: la durata massima continua
ad essere fissata in 1 anno, ma essa diventa prorogabile per un altro anno. Siamo in
presenza di una possibilità che “è concessa dall’amministrazione, tenuto conto delle
esigenze organizzative, previo esame della documentazione prodotta dall’interessato”.
Come si vede anche in questo caso, sia pure con una forza ridotta, il diniego deve essere
adeguatamente motivato.