Le amministrazioni devono dare corso alla monetizzazione delle ferie non godute, salvo che dimostrino di avere assunto tutte le iniziative per mettere i dipendenti in condizione di fruire delle ferie maturate. In questa direzione vanno le indicazioni contenute nel parere della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Toscana n. 129/2024. Ci viene detto espressamente che occorre fare proprio “il principio in base al quale al dipendente che non abbia usufruito delle ferie spetta sempre la monetizzazione delle stesse ad eccezione della circostanza in cui sia lo stesso dipendente ad aver scelto di non usufruirne pur avendone la possibilità (con onere della prova in capo al datore di lavoro: ne deriva, pertanto, una forma di responsabilizzazione del dirigente/datore di lavoro che dovrà annualmente mettere in condizione i dipendenti di usufruire delle ferie – ad esempio predisponendo idoneo piano ferie)”
L’articolo 5, comma 8, del d.l. n. 95/2012 “sembra disporre un divieto assoluto di corresponsione di trattamenti economici sostitutivi (cd. monetizzazione delle ferie) in caso di mancato godimento delle ferie da parte dei dipendenti pubblici”. Viene ricordata la sentenza della Corte Costituzionale n. 95/2016, per la quale la disposizione è legittima solo se interpretata in modo conforme alla Costituzione ed alle norme europee dettate a tutela del lavoro, per cui “il divieto sussisterebbe solo nel caso di fattispecie in cui la cessazione del rapporto di lavoro sia dovuta ad una scelta o a un comportamento del lavoratore, quali dimissioni, risoluzione, mobilità, pensionamento per raggiungimento dei limiti di età, che consentono di pianificare per tempo la fruizione delle ferie e di attuare il necessario contemperamento delle scelte organizzative del datore di lavoro con le preferenze manifestate dal lavoratore in merito al periodo di godimento delle ferie”. Nella stessa direzione “anche Dipartimento della funzione pubblica con la nota n. 40033 dell’8 ottobre 2012 .. Corte di giustizia dell’Unione Europea del 20 luglio 2016 (causa C-341/15) .. Consiglio di Stato, sentenza Sezione II n. 2349-2022”. Successivamente, “la Corte di Giustizia dell’Unione europea (Sez. I, Sent. 18 gennaio 2024, n. 218/22) ha “ampliato” tale lettura, indicando che “nel contemperamento di interessi contrapposti, non rileva il mero fatto della cessazione del rapporto di lavoro, anche per dimissioni volontarie, ma la circostanza che il lavoratore, messo nelle condizioni di usufruire delle ferie, vi abbia rinunciato” e che “circa la possibilità o meno di usufruire le ferie da parte del lavoratore, l’onere della prova incombe in capo al datore di lavoro”. Infine, ci ha detto che “l’articolo 7 della direttiva 203/88 e l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che, per ragioni attinenti al contenimento della spesa pubblica e alle esigenze organizzative del datore di lavoro pubblico, prevede il divieto di versare al lavoratore un’indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali retribuite maturati sia nell’ultimo anno di impiego sia negli anni precedenti e non goduti alla data della cessazione del rapporto di lavoro, qualora egli ponga fine volontariamente a tale rapporto di lavoro e non abbia dimostrato di non aver goduto delle ferie nel corso di detto rapporto di lavoro per ragioni indipendenti dalla sua volontà”.