Il lavoratore socialmente utili che è stato utilizzato dall’ente in modo improprio ha diritto al
riconoscimento della differenza di trattamento economico maturata per la utilizzazione. I
termini per la prescrizione decorrono dalla data in cui i crediti sono maturati. Sono questi i
principi fissati dalla sentenza della sezione lavoro della Corte di Cassazione n.
11628/2024.
In primo luogo ci viene detto che “l’occupazione temporanea in lavori socialmente utili non
integra un rapporto di lavoro subordinato – in quanto, ai sensi dell’art. 8, D.Lgs., n.
468/1997, poi riprodotto dall’art. 4, D.Lgs. n. 81/2000, l’utilizzazione di tali lavoratori non
determina l’instaurazione di un rapporto di lavoro, ma realizza un rapporto speciale che
coinvolge più soggetti (oltre al lavoratore, l’amministrazione pubblica beneficiaria della
prestazione e l’ente previdenziale erogatore della prestazione di integrazione salariale) di
matrice assistenziale e con una finalità formativa diretta alla riqualificazione del personale
per una possibile ricollocazione – ma, dall’altro lato, ha precisato che questa qualificazione
non esclude che in concreto il rapporto possa atteggiarsi diversamente e configurare un
vero e proprio lavoro subordinato, con conseguente applicazione dell’art. 2126 c.c.,
essendo unicamente necessario, a tal fine, che risultino provati, oltre alla difformità rispetto
al progetto, l’effettivo inserimento nell’organizzazione pubblicistica dell’ente e l’adibizione
ad un servizio rientrante nei fini istituzionali dell’amministrazione, ossia l’instaurazione in
via di mero fatto di un rapporto di impiego.. Se è vero, quindi, che l’occupazione
temporanea in lavori socialmente utili non integra un rapporto di lavoro subordinato,
nondimeno a rilevare nella specie è l’accertamento del concreto atteggiarsi del rapporto
come rapporto di natura subordinata, dal che consegue che, precluso in ogni caso dall’art.
36 del d.lgs. n. 165/2001 l’instaurarsi di un valido rapporto a tempo indeterminato, opera il
disposto di cui all’art. 2126 c.c. per il periodo temporale nel quale siano state
effettivamente rese le prestazioni lavorative”.
La sentenza si occupa della maturazione dei termini di prescrizione: essa “decorre, per i
crediti che nascono nel corso del rapporto lavorativo, dal giorno della loro insorgenza e,
per quelli che maturano alla cessazione, a partire da tale data, sia perché non è
configurabile un metus del cittadino verso la PA sia perché, nei rapporti a tempo
determinato, il mancato rinnovo del contratto integra un’apprensione che costituisce una
mera aspettativa di fatto, non giustiziabile per la sua irrilevanza giuridica.. da ciò deriva la
piena decorrenza della prescrizione anche in costanza di rapporto”.