Nell’inquadramento a seguito di mobilità volontaria occorre tenere conto del confronto tra le mansioni, le aree ed i profili e, sul terreno economico, è necessario dare corso all’applicazione dei differenziali stipendiali attribuiti, utilizzando il criterio della approssimazione per eccesso, con la imputazione delle eventuali differenze di trattamento economico alle capacità assunzionali. Tali regole sono contenute nel Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 novembre 2023 “Disciplina dei processi di mobilità tra pubbliche amministrazioni del personale non dirigenziale”, che è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 25 gennaio 2024. Esso, che sostituisce il DPCM 26 giugno 2015, si è reso necessario perché, a seguito della stipula dei nuovi contratti collettivi nazionali di lavoro relativi al triennio 2019/2021, sono state radicalmente modificate le disposizioni sulle progressioni economiche. Come è noto, esse sono state sostituite dai differenziali stipendiali: da qui la necessità di dovere rivedere le regole che presiedono all’inquadramento del personale trasferito in mobilità volontaria tra amministrazioni di comparti diversi, visto che non è più possibile dare corso all’inquadramento nelle posizioni di progressione economica.
Questo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ha lo scopo “di disciplinare i processi di mobilità fra pubbliche amministrazioni del personale non dirigenziale e di individuare la corrispondenza fra i livelli economici di inquadramento sulla base delle nuove strutture della retribuzione, con riferimento ai nuovi stipendi tabellari e ai nuovi differenziali stipendiali come determinati dai rinnovi contrattuali del triennio 2019-2021 in relazione al primo inquadramento nei nuovi sistemi di classificazione”. Ci viene detto che “i criteri di inquadramento e la corrispondenza tra i livelli economici regolati dal presente decreto, non hanno valore innovativo, integrativo o modificativo degli ordinamenti professionali vigenti”.